Khalid scelse una direzione e s’incamminò. Restare fermo era l’unica cosa che non gli era concessa: forse, se avesse avuto fortuna, avrebbe potuto trovare un luogo che il terremoto non aveva colpito, dove qualcuno si sarebbe preso cura di lui.“Allah è grande” si incoraggiò. La strada sarebbe stata lunga.

La serata era mite, ideale per fare quattro passi in città. Quinton Marler e sua moglie Maureen ne stavano approfittando, passeggiando per le vie di Washington. Le insegne luminose che baluginavano nel buio della sera conferivano alle strade un aspetto quasi confortante.

I due coniugi stavano parlando dell’ultima follia di Harlan, che di punto in bianco aveva fatto i bagagli e se n’era andato in giro per gli Stati Uniti assieme alla sua compagnia teatrale. Non erano mai riusciti ad impedirsi di guardare a loro figlio con un occhio preoccupato e dubbioso. Harlan aveva sempre vissuto rifuggendo ogni certezza, se non quella della sua anima artistica, e anzi nutrendosi della condizione di precarietà che si era costruito attorno. Era agli antipodi rispetto a suo padre, che non aveva rinunciato affatto ai propri punti fermi (la famiglia, la scienza e l’incarico di responsabilità alla NASA). Era per questo che Quinton Marler, pur amando suo figlio, non ce la faceva a comprenderlo fino in fondo.

– Avrà ancora bisogno di noi – constatò Maureen. – Lo aiuteremo, vero?

Il professore scrollò le spalle. – Non abbiamo alternative – rispose. – Finché Harlan non avrà trovato una sistemazione come Dio comanda, non possiamo…

S’interruppe. Il suo cellulare aveva cominciato a squillare. Sul display del telefonino appariva la scritta “Numero sconosciuto”.

– Pronto.

– Buonasera, professor Marler.

– Chi parla?

– Sono Li-Ang – rispose l’interlocutore. – Mi spiace disturbarla a quest’ora, ma ho urgente bisogno di parlarle.

Marler rimase interdetto per un istante: come diavolo aveva fatto Li-Ang a procurarsi il suo numero di cellulare? Decise di lasciar perdere: – Mi dica.

– Non per telefono. Dovremmo vederci.

– Adesso?

– Sì. Come le dicevo si tratta di una questione urgente. E strettamente confidenziale.

Con un sospiro, Marler accettò la richiesta del cinese. Stabilirono il luogo dell’appuntamento, poi il professore riaccompagnò a casa la moglie e salì in auto.

– Quinton… – bofonchiò Maureen mentre l’altro accendeva il motore.

– Sì?

– Sta attento.

“Povera donna” rifletté Marler. Lui e suo figlio non le avevano mai fatto mancare i motivi di preoccupazione, eppure lei aveva saputo rimanere forte, rassicurante e discreta. Gli aveva regalato quel tipo di complicità che era tutto ciò che un uomo potesse chiedere.

– Tranquilla – disse. – È tutto sotto controllo.

Lei annuì, poco convinta. Lo conosceva da troppi anni per non capire quando lui stava bluffando.

L’infermiera estrasse la siringa dal braccio del ragazzo.

Nella stanza di terapia intensiva improvvisata entrò il dottor Pascal Fasil.