Gli astronomi dell’ESO (European Southern Observatory) hanno scoperto trentadue nuovi pianeti esterni al sistema solare che, considerando i parametri di massa e distanza dalla loro stella, potrebbero essere adatti per ospitare vita aliena. Si tratta di pianeti le cui dimensioni variano da cinque volte quelle della Terra a cinque volte quelle di Giove. Così, gli esoplaneti scovati fino a oggi salgono a quattrocento.
Un numero imponente che nutre le speranze degli astro-biologi che da anni investigano il cosmo in cerca di vita non terrestre. Il problema rimane sempre lo stesso: posto che la tecnologia attuale non ci permette di andare a controllare di persona, come possiamo analizzare questi corpi celesti e decretare la presenza di vita aliena?
Come ci ha insegnato il capitano Kirk, della serie Star Trek, anche nei casi di astronavi perfettamente invisibili si possono misurare le eventuali “emissioni” per scoprirne la presenza. Se c’è qualcosa di “vivo” allora deve emettere materiale di scarto.
Quindi, per trovare vita intelligente, bisognerebbe cercare le tracce concrete che questa lascia nell’atmosfera: l’inquinamento, sia esso luminoso, elettromagnetico o chimico. Un indicatore di vita aliena potrebbe essere dunque la presenza o meno di fonti luminose sulla superficie del pianeta. Oppure la presenza nella sua atmosfera di inquinanti chimici, come i clorofluorocarburi, che possono avere un’origine solo artificiale.
In attesa che la pista dell’inquinamento diventi attuabile, la ricerca della vita extraterrestre continua comunque su strade parallele, la maggior parte delle quali fanno capo al SETI, che da anni sonda l’oscurità del cielo in cerca di onde radio aliene.
Attenti alieni, se inquinate vi prendiamo…
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