Può un robot che sembra vivo sostituire l'affetto umano e persino suscitare emozioni d'amore in un essere umano? Su questa domanda cruciale ruota il docu-film Mechanical Love (Amore meccanico) della regista danese Phie Ambo, trasmesso in questo periodo dal canale Sky Cult.
Uscito nel 2008 e passato piuttosto inosservato qui in Italia, si tratta in realtà di un'opera molto interessante.
La domanda, infatti, richiama direttamente tematiche asimoviane, o alla Blade Runner, che da sempre affascinano gli appassionati di fantascienza. Qui però, non si parla tanto di letteratura quanto della realtà, e si viene proiettati in un futuro molto vicino a noi.
Il docu-film esamina infatti la relazione e interazione tra umani e robot partendo da un fatto preciso: il progressivo invecchiamento della popolazione umana. Tra qualche anno, infatti, per la prima volta nella storia il numero degli anziani supererà quello dei bambini. Il prevedibile vuoto nel tessuto sociale porterà solitudine e depressione a causa della sempre maggiore mancanza di contatti e di compagnia. Chi si prenderà cura di tutte queste persone anziane? I robot potrebbero essere una soluzione.
Filmato in Giappone, Germania, Italia, Svezia e Usa, Amore meccanico ci mostra i grandiosi passi avanti della tecnologia robotica in questo senso, così come la natura sempre in divenire della relazione tra gli umani e le loro macchine, i pericoli, i benefici sociali, e l'universale desiderio umano di amare ed essere amati.
In particolare, si concentra su due esperimenti: l'inserimento del cucciolo di foca robotico “Paro” nelle case di cura per anziani, e la costruzione, da parte dello scienziato giapponese Hiroshi Ishiguro, del cosiddetto “geminoide”, inquietante copia robotica di se stesso.
Le differenze tra “umanoide” (un robot che ha la forma di un essere umano), un “androide” (un robot che somiglia e si muove come un umano) e appunto un “geminoide” (una copia di un essere umano esistente), vengono subito messe in chiaro nell'analisi dell'esperienza del dottor Ishiguro.
Il suo robot, esattamente uguale a lui, per ora può muoversi e parlare, ma solo come un'estensione di se stesso, controllato a distanza da Ishiguro stesso con un computer. La preoccupazione dello scienziato, però, non è tanto quella di costruire un robot funzionale quanto quella di creare un “sostituto umano” che potrebbe riempire i bisogni sociali ed emozionali tipici di una dinamica interpersonale. Ma questo è possibile?
Il film mostra un esperimento precedente in cui Ishiguro fa incontrare sua figlia, allora di quattro anni, con la propria copia robotica. La reazione della bimba è un pianto disperato, a cui non dà nessuna spiegazione. Ma il momento più affascinante e più inquietante insieme è quello in cui Ishiguro presenta il suo geminoide sia alla moglie, sia alla figlia, ora più grande. Il robot possiederà la cosiddetta sonzai-kan, l'umana presenza? O rimarrà mostruoso e strano? La sua famiglia legherà col robot? Lo ameranno eventualmente? Mentre la moglie reagisce con freddezza e non esclude l'ipotesi (ma forse finge), la bambina continua a trovarsi a disagio col suo papà meccanico, tanto che si rifiuterà categoricamente di toccarlo. E di lui dirà: “Non mi sembra né vivo né morto”. La sua reazione rispecchia il senso comune dell'umanità nei confronti dei robot troppo simili agli umani.
Le sequenze di Ishiguro sono inframmezzate da episodi paralleli filmati in Europa, in diverse case di cura per anziani che hanno deciso di utilizzare “Paro”, la foca robotica interattiva, a fini terapeutici. Sono spezzoni molto commoventi nella loro umanità. Emblematica la vicenda della signora Körner, che sta in una casa di cura in Germania. Lei ama Paro da subito, lo accarezza continuamente, gli parla e il cucciolo risponde al suono della sua voce. Per lei è un modo di ritrovare un senso alla sua vita prendendosi cura di una creatura. Creatura che però non è viva, e questo le attira le critiche delle altre pazienti e del personale della casa di cura. Anche queste scene rappresentano il fastidio che un essere umano prova di fronte alla compagnia del robot. Una barriera ancora da superare, nonostante i benefici portati da queste macchine.
Girato con intelligenza e non privo di effetti sia comici sia drammatici e inquietanti, Amore meccanico è un documentario che, più che fornire delle risposte, genera discussioni e pone degli interrogativi su ciò che nel futuro intenderemo per umanità e sul possibile ruolo dei robot nella nostra vita reale.
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