L'adattamento è stato realizzato solo da te? In che misura ti sei interfacciata, ad esempio, con gli attori, le loro idee o "caratteristiche", o con i musicisti che accompagnavano gli show?
Gli adattamenti in realtà sono stati realizzati da mia madre, Silvana Natoli, ed è sua anche l’idea del festival, perchè è un’esperta e appassionata di fantascienza e di tutte le sue derive filosofiche, scientifiche e mitologiche.I suoi adattamenti sono poi stati “rivoltati” e trasformati a quattro mani tra noi due, man mano che l’idea di messa in scena mi si chiariva, e ancora trasformati, tagliati in parti e riscritti nel lavoro con gli attori, che da sempre io chiamo a “prendersi carico” dei testi, anche perchè la concertazione e la coralità fra loro solo così possono uscir fuori.Inoltre c’è stato un dialogo continuo tra musicisti e attori: le proposte fatte dai primi spesso hanno radicalmente cambiato le interpretazioni dei secondi; a volte gli attori stessi hanno fatto proposte musicali, accolte e trasformate ancora dai musicisti... ecco, è stato un piccolo cantiere di verifica e confronto, con una direzione chiara ma senza risultato garantito a priori.
Che rapporto hai con la letteratura fantascientifica?
Di amore ed enorme attenzione fin dalla prima adolescenza; accanto alla letteratura greca e a quella russa ha formato una parte molto consistente del mio immaginario. Questo perchè la fantascienza mette in campo mondi possibili, ma lo fa con l’operazione del “modello sperimentale”: costruisce interamente un mondo e lo mette alla prova, inverte lo sguardo fin quasi a far scomparire l’uomo e a farlo vacillare; crea una mitologia in un futuro che ha il sapore di passato remoto, facendomi quasi girare indietro per vedere se è da li che provengo.Insomma “forma” il lettore anche su un piano cognitivo, perchè costruendo modelli “falsi” si approssima incredibilmente a un discorso “vero”.
Lo scorso 13 giugno, al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma, tu e i tuoi attori avete “teatralizzato” i racconti del Trofeo RiLL. Il ventaglio dei generi in quel caso era un po’ più ampio (non solo fantascienza), e la gran parte degli autori erano esordienti, non classici della letteratura, di genere e non. Che effetto ti ha fatto quell’esperienza? E come la rapporti a quella di “Urania. Stregati dalla Luna”?
L’esperienza è stata estremamente divertente, innanzitutto perché abbiamo dovuto affondare le mani in racconti così diversi tra loro, immaginare la messa in scena e renderli al meglio nel famoso travaso dalla pagina al palco. Ero anche curiosa di conoscere e metter mano su autori giovani e storie che non conoscevo.La differenza più macroscopica di “Urania” rispetto all’iniziativa al Teatro Quarticciolo - a parte il fatto che se si ha in mano un maestro del suo campo tutto è più fluido - è stata la continuità del progetto, tutto legato ad un tipo di letteratura. Quindi le scelte sono state fatte per portare avanti un discorso e metterlo in rilievo, al di là dei singoli testi e della loro bellezza.
Come appassionata, e come professionista che mette scena storie di questo tipo, ritieni che abbia ancora senso - oggi - la distinzione tra i generi (fantasy, fantascienza etc...)?
Da una parte penso che le distinzioni per generi sono utili solo a chi ne deve scrivere o far uso; insomma, come tracciare dei campicelli artificiali per orientarsi meglio.D’altro canto, bisogna ben capire perchè un autore ricorra proprio alla fantascienza per dire una certa cosa: perchè non potrebbe dirla, ad esempio, scrivendo gialli.
Ci sono campi linguistici ed immaginari che vengono prediletti e attivati perchè più flessibili e disponibili a “prendere forma” in una certa direzione. Leonardo Sciascia ha scelto di scrivere molte storie in forma di giallo proprio perchè quel genere, così apparentemente chiaro nelle sue regole, gli permetteva - fra le righe - di dire altro. Era interessato al principio dell’indagine, fino al limite di un sistema inquisitorio, alle strutture giudiziarie e al tema dell’assassinio... ed ecco che i gialli gli si presentano come “forme” perfette per parlarci (in realtà) di rivoluzione, mafia, clero corrotto. Ugualmente, Dick è ossessionato dal tema dell’identità e del soggetto, e quindi costruisce “modellini fantascientifici” per far sì che l’uomo vi si perda come in un continuo gioco di specchi deformanti. Se avesse scritto storie di ambientazione contemporanea probabilmente avrebbe fatto solo cattiva letteratura psicologica…
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