La città di Roma ha dedicato nelle ultime settimane una serie di eventi al quarantennale della conquista della Luna.
Gli appassionati di musica hanno potuto apprezzare, per esempio, le esibizioni di Ennio Morricone e Moby, entrambe nella cornice a Piazza del Popolo. Per chi ama la fantascienza, invece, particolarmente interessante è stata la manifestazione che ha tenuto banco per tre settimane al Teatro India: Urania. Stregati dalla Luna - Nella città delle storie disabitate.
Per una ventina di giorni, in pratica, sul palco e nelle diverse sale del teatro la fantascienza è stata al centro dell’attenzione, con mostre, conferenze, spettacoli. Ecco quindi, fra gli altri, gli incontri e le tavole rotonde con scrittori e critici italiani (come Alan D. Altieri, Gianfranco De Turris, Giulio Leoni, Giuseppe Lippi e Massimo Mongai), le proiezioni di film e telefilm, e gli show teatrali… alcuni dei quali sono stati curati dall’attrice e regista Lisa Ferlazzo Natoli.
Io ho avuto modo di conoscere e apprezzare il lavoro di Lisa in occasione di Nuovi Tempi, Altri Mondi, la giornata che il Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma ha dedicato lo scorso 13 giugno ai giochi (di ruolo e da tavolo) e alla letteratura fantastica. In quell’occasione Lisa si occupò di adattare alcuni racconti premiati al Trofeo RiLL, realizzando uno show teatrale tanto riuscito quanto intenso (almeno, per me che sono uno degli organizzatori del concorso).
Gli spettacoli messi in scena per Urania. Stregati dalla Luna si pongono sulla stessa falsariga, per di più all’interno di una manifestazione che a Roma ha avuto buona visibilità e si è svolta in una cornice decisamente prestigiosa.
Quale occasione migliore, quindi, per un’intervista?
Due parole, prima di cominciare, su Lisa Ferlazzo Natoli.
Formatasi alla Royal Academy, ha avuto fra i suoi maestri Luca Ronconi e Carmelo Bene, nonché il danzatore e coreografo Merce Cunningham (scomparso giusto in questi giorni).
Ha messo in scena e interpretato opere di Cechov, Rilke, Brecht, Sandro Penna e Sciascia. Come regista ricerca sempre la collaborazione tra attori, musicisti ed artisti visivi, realizzando quindi rappresentazioni “contaminate”, ma proprio per questo più originali.
Ma veniamo alle domande e alle risposte…
Lisa, partiamo dall’inizio. Gli spettacoli per Urania. Stregati dalla Luna non sono stati “semplici” reading (come del resto anche quelli per Nuovi Tempi, Altri Mondi). Puoi spiegare ai nostri lettori che tipo di lavoro portate in scena?
Innanzi tutto si tratta di spettacoli concertati e “musicali”, ovvero fortemente caratterizzati da un impasto tra parole e musica e tra voci diverse.Sono immaginati certamente per uno spettatore dal vivo, e infatti la loro “ambientazione” è una specie di stazione radio post-atomica abbandonata, dove si mischiano elementi futuribili a vecchi divani e grammofoni, gli abiti fine anni ‘40 e le luci ispirate a Blade Runner di Ridley Scott, in un impasto di luci fredde e calde. Sono però anche concepiti come “racconti radiofonici”, densi di rumori, con suoni e musiche stratificate, come in un sistema di macerie da cui “risalgano” queste narrazioni, quasi provenissero da un futuro remoto. Mi viene davvero da pensare ai “modelli” di mondi raccontati da tanta fantascienza, e alla domanda “cosa accadrebbe o cosa sarebbe accaduto se…”; una domanda che Dick non cessa di fare nei suoi libri.Il lavoro di Gianluca Ruggeri, che ha progettato e diretto tutta la struttura musicale del progetto, è stato fondamentale per riuscire a far sì che le rappresentazioni fossero un viaggio anche attraverso suoni e musiche ispirate a tanto magnifico cinema, da Herzog a Kubrick e Ridley Scott, ma anche la musica di Bach o i paesaggi sonori di tanta sperimentazione contemporanea.
Quanto alle riduzioni, sono state molto peculiari.
Ad esempio, La salvezza di Aka, di Ursula Le Guin, sorta di fantascienza “archeologica”, è stato immaginato proprio per Manuela Mandracchia (la protagonista di quel romanzo è una donna) e, con lei, un coro-brulichio di voci, che rappresentano gli incontri del personaggio, ma anche la memoria antica del pianeta e tutto il suo sistema di storie. La “narrazione”, appunto.
Quanto a Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?/Blade Runner, di Dick, è stato riportato tutto alla prima persona, come se Deckard non uscisse mai dal proprio incubo tra sonno e veglia, tra la propria identità e l’elisione di questa di fronte agli androidi.
Durante le diverse serate, a Urania. Stregati dalla luna avete proposto sia brani tratti da romanzi che racconti, opere fantascientifiche ma anche classici della letteratura (Leopardi, Ariosto, Calvino...). Con quali criteri li avete scelti?
Cercando di proporre una selezione limitata ma che potesse render conto dei “modelli di mondo” che la fantascienza propone, raccontando storie, e della riflessione sociologica, politica, cognitiva che questo genere sempre adombra.Nelle serate intitolate I racconti ritrovati abbiamo scelto sei diversi racconti di grandi maestri: Asimov, Simak, Brown, Herbert, Bradbury e Clarke. Questi sono davvero il cuore della nozione di “storia disabitata” (tanto per citare il sottotitolo della manifestazione, NdP), ovvero un mondo che via via si svuota dell’uomo, della sua presenza, anche solo della sua memoria o che, in un’inversione di sguardi, viene visto dagli occhi di un alieno, cioè quel che resta dopo la scomparsa dell’uomo o ciò che fiorisce quando l’uomo si è trasformato in altro.Quanto al Canto ai pianeti, con Massimo Popolizio, abbiamo scelto di muoverci tra l’alba della modernità e un ‘900 fantasmagorico, tutto italiano, proprio per raccontarne la matrice antica, greca (Luciano di Samosata, Savinio), la sete di conoscenza che ha dato vita alle prime indagini sulle stelle (Galileo), il prezzo pagato per quello sguardo e il risultato fantastico e perturbante che un universo metamorfico (Calvino, Manganelli) ci ha lasciato in eredità. In mezzo a queste letture, due “voli”: quello di Leopardi del “Pastore errante”, che proprio guardando la luna riflette sul tempo dell’uomo, e quello di Marinetti di “Viaggio sull'Italia”, sorta di sonata folle e roboante sul rapporto tra uomo cielo e paese.
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