– Finalmente ti sei svegliato, terrestre! – Esordì contrariato. – Sandog potrà riceverti solo domani mattina. Ti invita a dormire presso una delle nostre baracche per gli ospiti.Provò un senso di fastidio. Faceva ancora in tempo ad andarsene.
– Saliamo in macchina. Ti mostro dov’è – concluse il bimbo.
Si incamminarono all’esterno. Uno accanto all’altro.
Lo fece accomodare all’interno dell’abitacolo.
Il ragazzino gli indicò una direzione da seguire. Durante il percorso si divertì ad aprire i vari scomparti. In uno trovò delle caramelle che si ficcò in bocca senza tante domande. Non erano di Henry. Chissà da quanto erano lì, ma il piccolo mutante sembrò apprezzarle comunque, succhiandole avidamente.
Dopo circa una decina di minuti, arrivarono a destinazione.
Una serie di piccole casupole in muratura color ocra, si succedevano in fila indiana.
– Qui vivo io – attaccò, una volta smontati, indicando la prima di queste spartane abitazioni. Dall’esterno, sembrava la più grande.
– Nelle altre chi risiede? La tua famiglia? – Il luogo sembrava disabitato. Henry era perplesso.
– Io non ho famiglia – la risposta arrivò secca. – Mia madre è morta dandomi alla luce. Ero talmente radioattivo che alla prima carezza morì. Nessuno può toccarmi senza correre rischi.
Dura la vita su Artemide.
– Io posso – gli scompigliò i radi capelli – sono protetto dalla mia attrezzatura.
Il bimbo abbassò il capo. Henry giurò di aver visto una lacrima scorrere su una delle guance. Che effetto poteva mai avere una tenerezza qualsiasi se non si era abituati a riceverne? Soprattutto se si era ancora tanto piccoli?
Fu un attimo. Si riscosse.
Babylamp si avviò celermente verso l’ultima delle costruzioni.
– Tu dormirai qui – gli indicò l’uscio.
Aperta la porta di legno pesante, si ritrovarono in una stanza non più grande di trenta metri quadri. Un unico vano.
Era spoglia. Un paio di brandine su un lato e un armadio diroccato che doveva aver avuto ben altri fasti in passato, dalla parte opposta. Uno specchio scheggiato era appeso a un lato dell’ingresso. Le finestre non si potevano neanche definire tali. Un paio di quadrati irregolari ricavati nel muro.
La situazione non lo convinceva.
– Dove sono gli altri? Chi vive nelle altre baracche?
Il suo piccolo accompagnatore non gli rispose. Seduto su un lato della brandina sbandierò le seguenti parole:
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