– Certo! – Lo squadrò come stesse parlando a un idiota. – Non lo vedi che Lalande è al suo punto massimo? Hai deciso di arrostirti? – No di sicuro! – Stette al suo gioco. – Ma tu, allora? Che ci fai qui? Non temi di scottarti?– Io faccio la guardia – si alzò in piedi impettito. – Babylamp non teme il sole.– Babylamp? È questo il tuo nome? – Lo guardò intenerito. Era magrissimo. I suoi abiti vecchi e sdruciti.Il ragazzino non rispose. Iniziò a girargli intorno.– Non hai armi con te, vero? – Indagò sospettoso.
– I tuoi compari hanno già provveduto a prelevarle – rispose, cercando di farlo sentire importante.
– Bene, hanno fatto il loro dovere.
Gli piaceva quel bambino. Non poteva avere più di dieci anni, ma già si atteggiava a fare l’uomo. Sarebbe stato uno di quelli “tosti”. Un capo. Lo sentiva. Provò per lui una simpatia immediata.
– Cerchi qualcuno in particolare? – Il ragazzino si fermò nuovamente di fronte a lui.
– Sandog.
Fischiò con ammirazione. – Il capo in persona. Sei proprio sicuro che vuoi lui? Molti hanno paura perfino a pronunciare il suo nome.
Era vero. Strane voci circolavano sul suo conto. Non sapeva quante di queste fossero autentiche. Si sa, intorno ad una leggenda vivente si costruivano poi altre leggende.
Una però era sicuramente veritiera: si raccontava che avesse sterminato da solo, per conto dei servizi segreti terrestri, un’intera famiglia artemidiana. E le famiglie di questo fottuto pianeta erano numerosissime. Fin qui niente di nuovo. La particolarità dell’accaduto era costituita dal fatto che molte delle vittime erano decedute per cause apparentemente naturali, ma tutti sapevano che non era così. Era considerato un grande guerriero, ma anche uno a cui non voltare mai le spalle perché infido, spietato. Non avrebbe esitato a sacrificare i suoi affetti più cari se fosse stato necessario.
Il solito brivido gli percorse la schiena. Faceva ancora in tempo a tornare indietro.
– Ti cerco il capo. Entra nell’androne, lì starai più fresco – gli suggerì Babylamp. Sparì alla sua vista.
Lui decise di seguire il suo consiglio. Salì l’ampio scalone polveroso e varcò l’ingresso dell’edificio. Aveva un che di sacrale, suggestivo.
Si ritrovò in un’ampia sala dalla pavimentazione grezza e irregolare color sabbia. La volta era alta come quella di una cattedrale. Indubbiamente faceva un certo effetto. Le pareti erano spoglie e accanto ad esse solo alcune scomode panchine di legno. Si stese su una di queste, godendosi un po’ di frescura. La tuta prontamente si adeguò, ricreando la temperatura ideale. Non era poi così antiquata come aveva supposto. Un gioco di correnti scuoteva fiaccamente un vessillo lacero appeso maldestramente accanto all’ingresso.
Si appisolò. Tanto, se lo dovevano fare fuori, lo avrebbero fatto in ogni caso, che fosse stato sveglio o meno.
Si riscosse un’ora dopo. Babylamp era per terra accanto a lui e giocava disegnando dei cerchi sul pavimento con un bastoncino di legno rinsecchito.
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