– Il vostro capo non teme una vendetta? Ha pur sempre sterminato la sua famiglia.

– Penso che prima o poi se lo aspetti. Babylamp ha tutti i numeri per occupare il suo posto in futuro. È solo questione di tempo. Sandog stesso non potrebbe pensare ad un successore più adatto. Lo sta formando alla sua scuola, è il suo maestro. Ha colto un segno del destino nel fatto che il bimbo sia sopravvissuto alle radiazioni.

Improvvisamente una spia bianca si accese accanto alla porta. Il capo era pronto a riceverli.

Si affacciarono nella camera attigua. La sala del trono. Diversamente non si poteva definire. Luce diffusa filtrava dalle alte guglie dai vetri sfaccettati. La base era interrata, ma la parte superiore affiorava in superficie. Fiaccole momentaneamente spente e vessilli sconosciuti, adornavano le spoglie pareti nere.Il capo mutante era accucciato su un maestoso sedile di pietra grezza, vestito con un mantello di velluto giallastro, un po’ logoro.

Henry comprese il motivo del nome affibbiato all’individuo di fronte a lui. Un uomo dal volto giallognolo e ringhioso. Le orecchie canine e i denti sporgenti. Faceva impressione a guardarlo. Cercò di nascondere il suo evidente ribrezzo.

– Ti faccio paura eh? – Gli ghignò in faccia. Scese dal plateale trono su cui stava comodamente poggiato. – Mi hanno detto che desideri parlare con me. Deve essere importante, se non te la sei data a gambe durante la notte o… molto peggio.

– Vorrei concludere un piccolo affare – esordì il terrestre. In quel momento si sentì piccolo e ingenuo al cospetto di quell’essere sgradevole – niente di particolarmente importante, ma che potrebbe tornarvi utile. 

– Avanti! – Lo esortò bruscamente. – Esponi ciò che hai da dirmi. Non ho molto tempo da dedicarti.

Gli illustrò l’oggetto della sua visita. Voleva cinquemila ters in cambio dei due accumulatori di energia solare (aveva deciso di calare un po’ le sue pretese iniziali, gli sarebbe comunque convenuto).

Sandog gli rise in faccia.

– Ti rendi conto terrestre che qui non abbiamo nemmeno denaro per sfamarci e tu ci proponi della merce, che per quanto utile, non discuto, diventa superflua di fronte a quanto ci occorre per sopravvivere? Qui le battaglie quotidiane sono altre: l’acqua innanzitutto!

– Gli accumulatori potrebbero fornire energia alle trivelle da voi utilizzate – suggerì Henry.

– Non ti preoccupare, a quelle già provvediamo abbondantemente. Non siamo poi così messi male. La verità è che ciò che tu ci offri non ci occorre. Inoltre quello che ci serve, solitamente, non lo compriamo, lo prendiamo. Penso sapessi che non venivi in un covo di santi. Ti serve altro straniero? O possiamo chiudere qui questa divertente chiacchierata? – Ridacchiò ammiccando a Jenè che era rimasto presente al loro colloquio.

Il terrestre comprese che non ne avrebbe cavato un ragno dal buco. Era già tanto se fosse riuscito ad uscire vivo da quella situazione. In che razza di guaio si era cacciato. Nina glielo aveva preannunciato. Chi più di lei poteva saperlo avendo la perfetta forma mentis di un’artemidiana?

– Penso che possiamo salutarci, allora. È stato comunque un piacere essere riuscito a entrare a corte – rispose con altrettanta ironia. – Credo sia un privilegio riservato a pochi.