Il racconto della Russ si situa in un momento di grande tensione sia nella società sia nel mondo della science fiction: la storia è una chiara accusa a una certa narrativa che proponeva delle distopie, vale a dire delle utopie negative, in cui si descrivevano mondi privi di esponenti del sesso maschile. Infatti, spesso gli scrittori maschi di fantascienza proponevano storie in cui un pianeta senza maschi era vissuto come un incubo oppure qualcosa che assomigliava a un sogno erotico. Non bisogna dimenticare che la fantascienza femminista nacque anche nella seconda metà degli anni Sessanta, un periodo di forte contestazione da parte delle nuove generazioni, in cui le donne furono assolute protagoniste. La contestazione è soprattutto all’autorità in tutte le sue forme e la fantascienza femminista trova un terreno fertile, in cui il futuro diventa uno scenario dove sperimentare e proporre idee alternative alle trasformazioni culturali in atto riguardanti il sesso e il genere.
L’apporto della Teoria femminista alla fantascienza, dunque, è anche nel segno di contestare le rappresentazioni egemoniche di una cultura patriarcale che non riconosce il relativo “altro”. Alla critica alla rappresentazione della donna nell’immaginario deve corrispondere anche l’elaborazione di una teoria alternativa sulla donna, una teoria che predisponi una nuova dimensione della differenza sessuale, del gender.
Ancora una volta, è la fantascienza ad aver offerto il proprio contributo a una teoria femminista in termini concreti attraverso la figura del cyborg. La filosofa Donna Haraway - con il suo saggio Manifesto Cyborg - Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo (Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature, 1991), pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 1995 – parte proprio dalla fantascienza femminista per elaborare una teoria che individua nella tecnologia un possibile strumento di mutamento della condizione femminile. La figura del cyborg, in particolare, è per la filosofa americana centrale in quanto essere ibrido, per metà artificiale e per metà organico, in grado di superare dicotomie come maschio/femmina, umano/meccanico, natura/cultura e – soprattutto – non legato biologicamente alla riproduzione sessuale biologica. Il cyborg è l’abitante di un possibile futuro in cui non solo è sovvertito il concetto di genere, ma anche quelli di razza, di classe, di nazione, fornendo un modello per il riscatto stesso delle donne.Oggi, pur essendo innegabile la presenza della fantascienza femminile, di cui si può anche tracciare una storia, permane una scarsa attenzione dell’editoria alla fantascienza femminile. L’antologia Donne al futuro, curata da Emiliano Farinella per Flaccovio Editore, uscita nel 2005 venne, giustamente, salutata da molti come una novità assoluta, un evento straordinario. Non solo perché si trattava di una raccolta di racconti scritti da autori italiani, ma anche - e soprattutto - perché si trattava di donne, quasi che fosse inconcepibile un’antologia di fantascienza femminile. Quel libro, invece, dimostrò che una tale antologia era fattibile e con risultati artistici notevoli.
A quattro anni di distanza, ci proviamo anche noi di Delos a smuovere le acque dell’editoria italiana, proponendo - per il nostro usuale appuntamento estivo con la narrativa - un’antologia di fantascienza tutta al femminile. Le autrici coinvolte per questo numero speciale della nostra rivista (le cui biografie potete leggere in apertura di ogni singolo racconto) hanno tutte alle spalle – chi più chi meno – un solido background lavorativo nel mondo dell’editoria. La maggioranza di loro ha anche una carriera ormai acclarata proprio come scrittrice di narrativa fantastica e di fantascienza.
Elisabetta Vernier apre l’antologia con Sosumi, un racconto che ha tutta l’aria di essere comico, per poi rivelare un’anima drammatica: un avventuriero e truffatore da strapazzo è costretto a chiedere un passaggio a un mercante spaziale non troppo scaltro. I due scendono così a patti, fino a quando, però, l’avventuriero non scoprirà il carico che il mercante sta trasportando e lo costringerà a “abbandonarlo”. L’autrice è riuscita efficacemente a innestare un tema attuale e drammaticamente reale in un contesto narrativo leggero.
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