- Sh'è quello schtronzo del colonnello Garo che shta facendo il diffisshile. Ha detto che il tuo carico deve farsshi la quarantena. Mi disshpiace, amico. – Le membrane vocali di Klimo si incurvarono all'infuori, in un'espressione desolata.- Merda! – esclamò Hugh. – Quaranta giorni! Ma io tra quaranta giorni sarò già morto e sepolto, se non consegno il carico! Quelli della Mafia mi ridurranno in mangime per polli!

- È sholo una queshtione di sholdi, Orsho. Devi trovare il modo di fargli cambiare idea, magari schventolandogli sshotto il nassho una carta di credito.

La mente di Hugh si avviluppò a quelle ultime parole, succhiandole come un frutto maturo.

- Grazie, Klimo. A buon rendere! –  tagliò corto e chiuse il collegamento.Si era improvvisamente ricordato di una certa World Express SuperPlatinum che poche ore prima aveva lasciato un'impronta indelebile sulla sua retina.

                                      * * *

Il bar dell'Hilton era all'interno di una sfera trasparente, situata alla fine di un lungo corridoio che si estendeva verso l'esterno della SSI. Seduto su una di quelle poltroncine, l'ospite poteva sognare di essere a passeggio nello spazio, sospeso a centinaia di chilometri sopra la Terra.

Max invece sognava soltanto di tornarsene nella sua bella stanza, chiuso tra quattro pareti in lega di titanio: tutte quelle stelle intorno a lui, infatti, gli stavano facendo venire una nausea tremenda. Sarebbe stato imbarazzante vomitare il Negroni sul tappeto bianco del bar, in mezzo a tutta quella gente.

Rivolgendo gli occhi verso il corridoio vide Orso che si dirigeva verso il suo tavolino a passo spedito, per niente turbato da quella prospettiva aberrante. La chiamata di Orso lo aveva sorpreso, ma il pilota dello SpazioCargo era stato molto chiaro: dovevano vedersi subito, ne andava del viaggio verso Proxima.

Orso si sedette davanti a lui, coprendo con il suo corpo uno spicchio di stelle, e Max gli fissò gli occhi addosso, non tanto perché amasse guardare la sua faccia pelosa ma per evitare di guardare il resto.

- Ci sono dei problemi, - disse Orso in tono cospiratorio.

- Cos'è successo? – chiese Max, preoccupato. Quel viaggio era troppo importante per lui. Doveva partire subito, prima che il vero Russell Meridien III si accorgesse che qualcuno se ne andava in giro fingendo di essere lui e bloccasse la carta di credito.

- Uno stronzo della Finanza ha bloccato il mio carico. Vuole metterlo in quarantena per motivi sanitari.

- E allora?

- E allora se non vogliamo rinviare la partenza della Sosumi di quaranta lunghi giorni, dobbiamo sborsare una mazzetta con sei zeri e io sono al verde.

Max intuì subito dove volesse arrivare Orso, cioè a quel rettangolo di plastica dorata che riposava nel suo portafogli.

- Non se ne parla nemmeno. Io pago per il passaggio, non per il tuo carico. Per chi mi hai preso, eh?

L'espressione di Orso si incupì, diventando minacciosa.

- Senti, Bob, non hai molta scelta. Niente soldi, niente carico. Niente carico, niente passaggio. Chiaro?

- Non mi chiamo Bob, accidenti! – sbottò Max, irritato.

- Oh, lo so. Preferisci che ti chiami Russell, oppure forse Russy… o dovrei chiamarti Max Crow?