- Ha previsto proprio tutto, dottore...Nawat alzò un sopracciglio, soddisfatto.- Sono un medico, non un politico, se mi permette la battuta. Non esistono zone d’ombra nel mio lavoro, non me lo posso permettere. Si fidi, Presidente, lei è nelle mani della miglior equipe di cloner di tutto l’Universo. Tra una settimana potrà riabbracciare sua moglie e condurre la sua vita come ha sempre fatto.
3.
“... I test di Ramachandran-Delgado sulla strutturazione della coscienza e della memoria umana hanno dato esito negativo su tutti i cloni cerebrali animali costruiti dalla nostra equipe.
Questi test hanno il pregio di condurre l’indagine a livello cellulare, ricercando con tecniche in situ l’alfa-memorasi di Sironi nelle sinapsi e i granuli di Arias-Salvi-Giavini nei nuclei neuronali. Lo svantaggio di questo metodo risiede, purtroppo, nella perdita di funzionalità post trapianto dei cloni così studiati.
L’analisi dei risultati della reintroduzione di coscienza in animali trapiantati ha confermato una perdita di personalità e memoria variabile tra il 2 e il 17%.
Si è perciò deciso di creare due copie per ogni clone cerebrale umano e di testarne una soltanto. Studi condotti su dieci di essi hanno dato risultati perfettamente sovrapponibili a quelli ottenuti con cloni animali.
È scientificamente corretto, perciò, affermare che un clone cerebrale umano fatto sviluppare nelle condizioni di assoluta mancanza di contatti sia con l’esistenza reale che quella emotiva, sia privo di coscienza e memoria, quindi adatto all’utilizzo per cui è stato costruito...”
Test di Ramachandran-Delgado applicati a Cloni Cerebrali costitutivi
Nawat J. Rainforest, M.D. Et altri
New England Journal of Medicine – Volume 2772 – 10 Agosto 2506 – Numero 12
- Connessione del dodicesimo nervo cranico funzionante.
Nawat stava sudando. L’intervento era riuscito alla perfezione, le connessioni delle trentun paia di nervi spinali e dei dodici cranici erano state ripristinate, ogni funzione governata dal cervello era ripresa correttamente nel corpo del Presidente. Tutto era andato per il verso giusto.
L’uomo sospirò, soddisfatto.
- Iniettare un bolo di Xantina Sintetica Tre - ordinò all’infermiera alla sua destra.
- Risvegliamo il nostro paziente più importante.
L’equipe di cloner era raccolta nella stanza sterile in cui il corpo del Presidente Oya era stato portato una settimana prima, dopo la procedura di impianto del clone cerebrale, e tenuto in coma farmaceutico per tutto il tempo. Ogni persona trattenne il fiato.
Piano piano gli occhi dell’uomo di aprirono.
- Bene, Presidente, il suo corpo è completamente funzionale - disse Nawat, rivolgendosi al Cubo appoggiato su un piano alla sua sinistra e collegato al Terminale di Contatto.
- Quanto tempo dovrò aspettare per... - borbottò il Presidente, nervoso.
- Poterlo considerare di nuovo suo? Il tempo di allestire la strumentazione.
Tutta l’equipe scattò, uscendo dalla stanza. Nawat era solito condurre la parte di reimpianto di memoria e coscienza da solo, e nessuno aveva mai osato chiedere di assistere.
- Mi permetta di sconnetterla.
Con un click deciso Nawat spense la voce al Presidente.
Silenzio, finalmente.
Il cloner si chinò sopra il corpo di Oya e ne guardò gli occhi, mentre gli collegava una serie di cavi alla fronte. Era un uomo antipatico, scontroso, supponente, ma aveva un colore di iridi unico, un grigio verde con pagliuzze viola intorno alla pupilla che qualsiasi donna gli avrebbe invidiato. Due occhi che sembravano fissarlo.
Nawat gli sorrise e il corpo, senza sforzo apparente, lo ricambiò.
Era successo così anche nei precedenti dieci impianti di cloni cerebrali umani.
Nonostante tutti i test condotti prima dell’intervento certificassero l’assenza completa dell’alfa-memorasi e dei granuli di Giavini, in quei cloni c’era una coscienza. Come diavolo facesse a svilupparsi, questo Nawat non lo sapeva e non aveva nemmeno l’interesse a indagarlo.
Si morse un’unghia per la tensione.
- I miei articoli sono pieni di... come dire - mormorò, collegando l’ultimo cavo al Cubo, -imprecisioni.
Gli occhi del corpo del Presidente lo guardarono, interrogativi.
Nawat si sentì assurdamente in obbligo di dare una spiegazione a quello sguardo pieno di domande. Nonostante i suoi sogni di gloria, era un medico e il Giuramento di Ippocrate recitava sempre e comunque “non fare del male”.
- Scusa, chiunque tu sia. Devo riportare qui il proprietario di questo corpo e di questo cervello, cerca di capirmi - mormorò, armeggiando con i controlli del sistema di reimpianto di coscienza. - Così il Nobel per la Medicina non me lo toglierà nessuno. È la via perfetta per restare nella memoria collettiva dell’Universo, perché si può vivere in eterno, ma se non si è fatto nulla di importante, si è solo respirato ossigeno a scapito degli altri. Mi capisci, vero?
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