Vagarono nelle sale di una mostra e poi percorsero la scala a chiocciola di una torre. — Quante tu? — chiese Colette a Stefano.— Come?— Quante città finora?Stefano si fermò all’altezza di una feritoia e guardò distrattamente il mare.— Quindici. Sedici con questa. Undici in Italia, due in Francia, una in Svizzera, una in Albania e una in Spagna, durante una collaborazione italo-spagnola.

— Ho una strana sensazione; e ho difficoltà a guardare la gente sapendo che…

— È normale che tu ce l’abbia. Però non è una cosa che passa; devi imparare a conviverci. La cosa importante sono i dati.

Colette scosse la testa.

— Ma servirà a qualcosa quello che facciamo?

Stefano la guardò girando la testa di scatto. Gli altri erano più avanti, forse già in cima alla torre.

— Deve servire. Convinciti che deve servire. Quello che facciamo in tutte le agenzie nazionali deve servire.

— Tu ne sei convinto?

Stefano non le rispose e salì gli ultimi gradini. Dalla sommità della torre si vedeva il mare e si dominava gran parte di Château-sur-Mer, adagiata lungo la costa. Oltre il castello, dalla parte opposta a quella da cui erano arrivati, si stendeva la zona più vecchia della città, una serie di vie che si incrociavano ad angolo retto e definite da case basse, dai tetti piatti e dai muri pallidi, quasi di colore bianco.

Stefano chiuse gli occhi e sentì il vento che lo investiva e che faceva sbattere le bandiere del castello. Era naturale, a quel punto, che sentisse il suo sogno farsi strada in lui e cercare di sovrapporsi alla realtà. Eppure doveva fare appello alla sua mente razionale.

Riaprì gli occhi. La città era ancora lì; simile, ma non uguale. Non poteva essere uguale. La realtà invadeva la realtà, ma i sogni non avevano ancora quel potere.

Poteva lasciar perdere tutto, poteva rinunciare a questo scontro assurdo, che qualcuno si ostinava a ritenere una guerra, e lasciare che tutto seguisse il suo corso. Poteva chiamare Valeria e dirle che rinunciava per lei al suo lavoro, che non sarebbe più sparito senza preavviso, che le sarebbe rimasto vicino. Niente più segreti.

Quella poteva essere la sua ultima città.

— Stefano?

Davide lo guardava con un’espressione insolitamente seria. Teneva il cellulare in mano, come per porgerglielo, ma allo stesso tempo come se lo volesse trattenere.

— Dimmi, stai controllando l’ora esatta per vedere se il parchimetro è truccato? — quasi ridacchiò.

— La centrale dell’agenzia ha ritenuto che fosse comunque giusto avvertirti. C’è stato un incidente.

Stefano si irrigidì. Davide gli porse il cellulare e disse un’ultima parola.

— Valeria.