Era solo. La sua casa adesso era vuota, il suo letto adesso era vuoto, ma ugualmente ringraziò di essere fuggito dal suo sogno e da quelle strade sconosciute. Stefano rimase a lungo sotto la doccia, nella speranza che i getti di acqua tiepida accelerassero lo svanire dei ricordi, poi si sedette, in silenzio, davanti alla colazione che si era preparato.Rimase a fissare lo spazio vuoto davanti a sé abbastanza a lungo da lasciar raffreddare il caffè fino al punto di non ritorno, mescolando nella sua mente le immagini del sogno e la sua vita reale in modo che si confondessero fino a perdere di significato.Era stato un pessimo sogno, forse il segnale che aveva esaurito le forze a disposizione, il confine che aveva sempre sperato di non raggiungere fin dal primo giorno che si era trovato sul campo dopo il reclutamento. Erano successe molte cose da allora; in diverse occasioni era stato sul punto di mollare tutto, ma alla fine non lo aveva mai fatto. Qualche volta si era lasciato convincere da altri e qualche volta era stato lui stesso a convincersi che valeva la pena continuare, che solo il perdente abbandona quello che sta facendo.

Eppure i risultati gli stavano davanti. La sedia dall’altra parte del tavolo adesso era vuota. Non era stato sempre così; fino a qualche settimane prima quel posto era occupato da Valeria, occhi verdi e pelle dolce da toccare, sorriso gentile in cui perdersi e mente acuta in cui navigare.

Se ne era andata. Un giorno lui era tornato e lei se ne era andata, lasciando dietro di sé una piccola e arida nota, poche parole che era bastato mettere su carta.

Lui non aveva potuto condividere l’altra parte della sua vita con lei, quell’altra maledetta parte, e lei era passata prima dalla comprensione all’indifferenza e poi all’aperta ostilità. E poi se ne era semplicemente andata.

Stefano aveva sacrificato la cosa sbagliata; si era accorto che piega stava prendendo la sua vita, ma non era stato capace di fermarsi. Era rimasto sulle sue posizioni, in squadra, per un presunto bene più grande.

Bel risultato che aveva ottenuto.

E per cosa aveva sacrificato la sua vita e la sua felicità? Per qualcosa che continuava a eludere ogni spiegazione, per qualcosa che sfuggiva a ogni soluzione malgrado tutti gli sforzi, per qualcosa che lo aveva consumato.

Un trillo del suo telefono cellulare lo ripescò dai suoi pensieri.

Era il segnale. Era successo di nuovo.

Si alzò e andò a prepararsi.

Stefano scese dal pulmino e fotografò il cartello stradale due volte, poi ci fece un giro attorno fotografando i punti dove i pali di metallo penetravano nel terreno.

— Vuoi che prenda dei campioni? — domandò Davide affacciato al finestrino.

— Sì. Facciamo tutto secondo la procedura.

— Sentito gente, si inizia a lavorare.