— Va-Valeria — disse balbettando.— Sì, è il mio nome. Ma lei chi è?Valeria era morta nell’incidente. Dopo che lei se ne era andata, aveva avuto un’unica occasione per vederla, sul tavolo dell’obitorio. Stefano dovette forzarsi di riprendere un comportamento razionale, anche se quello era uno sviluppo della città che non si era aspettato.— Mi spiace, assomiglia a una persona che conoscevo.L’espressione di lei mutò e si fece più rilassata.

— Va bene, capisco. Non si preoccupi, allora. Chissà quanta gente si crede di riconoscere, ma in realtà ci rimane sconosciuta.

Stefano si allontanò a malincuore e raggiunse gli altri, facendogli cenno di voler uscire dal museo. Non voleva che la potessero vedere, l’avrebbero riconosciuta subito. Era sufficientemente sicuro che quella fosse Valeria e non una persona che le assomigliava; la riconosceva anche nei gesti.

— Ma è successo qualcosa? — chiese Colette quando furono all’esterno.

— No, nulla. Ma credo che… credo che — si ricordò dei due turisti — credo sia meglio se aspettiamo Daniele e Lorieri e vediamo di scoprire qualcosa su quella coppia che abbiamo visto ieri. Era all’interno.

— Davvero? Non l’ho vista. Però potrebbe trattarsi di una coincidenza.

— Nel nostro lavoro le coincidenze sono da considerare con attenzione — si ripeté quelle parole, applicandole a Valeria.

— Li chiamo e sento a che punto sono — Marco prese il cellulare e compose il numero, poi dopo un breve scambio di battute, riferì che erano già sulla via del ritorno e che non avevano avuto problemi. 

— La cosa migliore è se li aspettiamo uscire, li fotografiamo e poi mandiamo la foto in centrale per un’analisi — suggerì Colette — se però ce lo dicevi dentro, potevamo metterli sullo sfondo di qualche ripresa.

— Sì, hai ragione. Non ci avevo pensato.

— Ehi, ma ti senti bene?

Lei lo stava guardando con espressione preoccupata.

— Torniamo dagli altri. Oggi è comunque l’ultimo giorno in cui possiamo stare qui prima che svanisca la nostra schermatura. Domani mattina al massimo dobbiamo essere già lontani. Stasera è anche meglio.

Raggiunsero il pulmino in cui avevano già riposto i pochi bagagli che avevano, parcheggiato a pochi metri dal Nazionale,  e si misero ad aspettare. Quando Stefano chiese a Colette di andare a comprare il giornale, lei annuì e si allontanò verso la stazione.

— Vado un attimo in albergo in modo da sfruttare il bagno — disse con naturalezza a Marco ed Erica.

Loro non gli badarono, intenti a controllare l’elenco dei posti in cui fare ancora delle riprese.

Stefano entrò in albergo e si diresse verso la toilette, ma prima di raggiungerla deviò e uscì dal retro. Il cuoco, che stava pulendo della verdura in cucina, lo seguì con lo sguardo, ma non lo fermò.