I corridoi sembravano procedere all’infinito, a volte erano a fondo cieco, anche se quando raggiungeva un punto in cui non si poteva avanzare oltre, avanzava ugualmente, disorientandolo ancora di più. Voleva fuggire, ma non capiva come.Poi, proprio quando gli sembrò di aver riconosciuto il viso di Valeria in uno di quei volti, si svegliò. Volutamente non cercò di riprendere sonno.
Stefano fece colazione in silenzio, limitandosi a pronunciare qualche monosillabo quando gli altri gli facevano delle domande. Dopo qualche tentativo, decisero di rinunciare del tutto.
Davide lo fissò a lungo prima di avviarsi verso l’uscita insieme a Lorieri; avrebbero usato l’auto di Stefano per l’incontro. Erica, Marco e Colette lo attesero pazienti all’esterno dell’albergo.
Il Museo Storico e Archeologico era dall’altra parte di Merzate, ospitato in un vecchio palazzo a due piani incastrato tra una chiesa e un condominio di aspetto più recente. In realtà, rispetto alla Terra che li stava ospitando, avevano tutti la stessa età.
Pagarono cinque euro di ingresso a testa, ma senza dire che volevano, eventualmente, fare delle riprese. In realtà non erano neppure sicuri di farle; potevano bastare delle semplici fotografie.
Attraversarono una sala che presentava l’epoca romana della zona e citava un primo insediamento risalente a quel periodo. Monete, statuine e cocci di vaso erano allineati in vetrine poco illuminate, presentati da cartellini realizzati a penna con il normografo.
Le collezioni proseguivano con reperti ostrogoti e poi longobardi, tra cui spiccava una serie di armi e qualche pezzo di armatura, ma Stefano si trovava a fissare i corridoi del palazzo da cui era stato ricavato il museo. Provava ancora le sensazioni del sogno e, anche se non c’era nessuna somiglianza diretta con quello che aveva sognato, lo agitava il solo fatto di trovarsi in un ambiente del genere.
Gli altri, intanto, erano impegnati a scattare foto e a prendere appunti. Colette gli lanciava ogni tanto qualche occhiata, anche se non sapeva come comportarsi. Avrebbe voluto parlargli, ma temeva solo di peggiorare le cose.
Stefano stava osservando distrattamente una vetrina che conteneva gli spartiti originali di Soreni, quando gli passò accanto la coppia di turisti che aveva visto il giorno prima. Gli parve di cogliere per un attimo i loro sguardi su di lui, ma poi entrambi si dedicarono al museo senza più mostrargli interesse, sempre che ne avessero.
Avevano l’aria degli stranieri, forse slavi. Questo fece sorgere un dubbio nella mente di Stefano. Forse era meglio controllare con gli altri della sua squadra, che in quel momento si trovavano però ad almeno un paio di stanze di distanza, e cercare di fotografare la coppia. Si mosse per raggiungerli, segnandosi mentalmente la posizione dei presunti turisti, e passò accanto a una donna che stava sistemando qualcosa in una vetrina che era stata aperta.
Si immobilizzò di colpo. Gli mancò il respiro.
Valeria.
— Ha bisogno di qualcosa? — gli chiese lei, un poco seccata, quando si accorse che le stava alle spalle.
Stefano conosceva bene la sua voce; non poteva sbagliarsi. Cercò di rispondere, di dire qualcosa, ma la sua voce era come bloccata.
— Le sto chiedendo se ha bisogno di qualcosa? — ripeté lei.
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