“Non conoscevo prima di interpretare Rorschach.” Racconta Jackie Earle Haley “Non mi hanno mai affascinato i fumetti e non ho mai sognato di portare sullo schermo o in televisione uno di questi supereroi.” Una dichiarazione quasi ‘in linea’ con lo spirito del suo personaggio, Walter Kovacs alias Rorschach che nel film diretto da Zack Snyder è raccontato in tutta la sua complessa e ambigua psicologia, lacerata tra violenza e senso etico, tra voglia di vendetta e ricerca della giustizia. “Questo atteggiamento molto distaccato mi ha aiutato a fare piazza pulita di ogni possibile preconcetto nei confronti del personaggio.” Aggiunge Earle Haley “Il fatto che non avesse dei superpoteri ha reso, per me, tutto quanto un po’ più facile.”
Quello di Watchmen era un universo del tutto sconosciuto?
No. Non conoscevo, nel senso che non avevo letto il fumetto, ma un mio amico è un grandissimo fan e quindi sapevo perfettamente del fatto che si trattava senza dubbio di un progetto legato ad un romanzo grafico di culto. Quando ha saputo che mi stavano contattando per il casting è letteralmente ‘esploso’ e mi ha dato decine di consigli. Alla fine Watchmen è stato il primo romanzo grafico che io abbia mai letto.
Cosa ne ha pensato?
Che si trattasse di qualcosa di speciale: i personaggi erano descritti perfettamente ed era, oltretutto, molto profondo. Fare questo film concentrandosi sulla psicologia del personaggio mi ha fatto diventare un po’ più cinico.
Che idea si è fatto di Rorschach?
Rorschach, in un certo senso, mi si addice. Mi interessa la sua morale, anche se molte delle sue idee sono assurde. Mi piace il suo approccio in bianco o nero all’etica e ammiro la capacità che ha di sostenere certe idee a scapito di fare una brutta fine. Apprezzo la sua complessità nel bene o nel male.
Come ha lavorato su questo personaggio?
Il difficile è stato avvicinarsi a lui. L’aspetto più interessante, invece, è stato il potere interpretarlo. Una volta che lo hai ‘digerito’ Rorschach ti entra sottopelle e tutto diventa spontaneo ed immediato.
Cosa la preoccupava?
Recitare con il volto coperto. Era una preoccupazione che, però, poi si è rivelata fondamentale per la costruzione della parte. Del resto conoscevo bene tutti i film legati ai supereroi e quando ho letto la sceneggiatura di Watchmen mi sono reso conto che si trattava di qualcos’altro. Molto diverso e, al tempo stesso, estremamente interessante e originale. Una commedia ‘figa’ sviluppata nel contesto di un film drammatico e d’azione. Quella di Watchmen è una realtà alternativa intrigante e affascinante. Fare questo film negli anni Novanta sarebbe stato difficile e non si sarebbero potuto toccare certi temi.
Come valuta questa sua esperienza?
È stato un grande onore diventare parte di questa storia che significa così tanto per tante persone in tutto il mondo.
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