Come probabilmente già sapete, alcuni giorni fa ho dovuto abbandonare il mio ruolo di segretario della WorldSF, non potendo, a mio avviso, garantire in modo adeguato la correttezza dello svolgimento del Premio Italia.
Non voglio, in questo articolo, tornare sul fatto che ha causato le dimissioni né sulla polemica che ne è ovviamente seguita. Lo scopo di questo articolo è avviare una discussione pacata sul premio Italia, sulla sua utilità e sul suo eventuale futuro.
La mia decisione è stata accolta inevitabilmente da qualche malumore, ma anche da moltissime dichiarazioni di solidarietà. Ha anche avuto l'effetto di far parlare del premio Italia molte persone che non appartengono alla ristretta cerchia che partecipa ogni anno alle convention. Il risultato è scoraggiante: molti non hanno mai sentito nominare il premio, e chi l'ha sentito nominare lo considera una pagliacciata. C'è anche chi considera un affronto il fatto che il premio Italia si arroghi l'etichetta di "ufficialità", come se rappresentasse tutti gli appassionati italiani di fantascienza, fantasy e horror.
Come dargli torto. Oggi il premio Italia è votato da un centinaio di persone, che non sono neppure lontanamente un campione rappresentativo di tutto il mondo di appassionati e di operatori della fantascienza in Italia. Se rappresenta l'Italia si può pensare che la rappresenti nel suo modo più deteriore, l'Italia della Casta.
Eppure, il premio Italia, oggi, è quello che viene chiamato un "premio popolare". Nel senso che i votanti non sono una giuria, ma un "popolo" di persone selezionate con criteri che non hanno nulla a che fare con la loro preparazione: sono i partecipanti alla convention nazionale della fantascienza e del fantastico, altra istituzione che una volta aveva una rappresentatività che oggi non ha più.
Il premio Italia non nasce con lo scopo di selezionare il meglio della fantascienza italiana e premiare l'eccellenza. Legato alle convention nazionali, ha sempre avuto uno scopo un po' autocelebrativo. Un po' come scambiarsi regali alla fine di una cena di Natale, o darsi a vicenda grandi pacche sulle spalle.
Poiché una minima parte dei votanti in genere conosce realmente ciò che sta votando, di fatto, i risultati del Premio Italia possono essere considerati interessanti solo come indice di popolarità, non di qualità. Spesso il votante non ha letto il libro ma conosce l'autore o l'editore e lo vota per primo o per ultimo a seconda della simpatia o antipatia personale.
Nelle puntate precedenti
Per anni il premio è stato gestito dagli stessi organizzatori della convention, cosa che permetteva effettivamente di riconoscere qualcosa a tutti coloro che avevano lavorato e partecipato all'organizzazione. Se non ricadevano in una categoria specifica si potevano sempre dare premi speciali.
Negli anni settanta l'Italcon era itinerante: ogni anno era organizzata da un gruppo diverso; quindi c'era alternanza anche nei premi. Con eccezioni in un senso o nell'altro: nel 1984 a Padova il club organizzatore - il CPF - si autoescluse da tutte le categorie; nel 1985 ad Amatrice i votanti risultarono oltre seimila, tutti concordi nell'assegnare i premi a una fanzine (e ai suoi articoli e racconti) che probabilmente non tirava più di due o trecento copie. Stili diversi.
Con la fine dell'era itinerante dell'Italcon, che all'inizio degli anni ottanta si stabilizzò nelle due sedi alternate di Courmayeur (anni pari) e San Marino (anni dispari), il problema dell'affidabilità del premi fu risolto facendoli gestire a un'entità terza, la WorldSF Italia.
Era la sezione italiana di un'organizzazione internazionale riservata ai soli professionisti della fantascienza: per iscriversi occorreva dimostrare di aver svolto attività pagate nel settore.
Ma la WorldSF internazionale naufragò dopo pochi anni. L'emanazione italiana continuò a vivere ben oltre la morte della casa madre, ma con attività sempre più ridotte, fino a ridursi alla sola attività di garanzia del premio Italia.
In anni recenti era stata abolita anche la restrizione sull'iscrizione e le quote erano diventate meno costose.
A questo punto pagare l'iscrizione alla WorldSF era diventato, di fatto, un modo per comprare un voto al Premio Italia.
Un premio utile
Facciamo un esperimento. Invece di chiederci "a cosa serve il Premio Italia?", chiediamoci: "potrebbe servire a qualcosa un premio nazionale dedicato alla fantascienza?"
Direi di sì.
Se è vero che la fantascienza è un mondo abbastanza chiuso in sé stesso, un premio potrebbe rappresentare un ponte verso il resto del mondo; se promosso con un'adeguata campagna stampa, potrebbe far circolare nomi di autori, opere, editori condannati altrimenti a restare perfetti sconosciuti al di fuori dalla nicchia del settore.
In effetti, già solo il fatto di far parlare ogni tanto della fantascienza italiana sarebbe un risultato positivo.
Come dovrebbe essere un premio per raggiungere questo scopo? Quattro punti fondamentali.
1) Semplice. Più il messaggio è semplice più ha possibilità di fare colpo, di essere trasmesso e recepito. Per capire cosa intendo, basta confrontare mentalmente l'impatto tra un comunicato che dice "X ha vinto il premio Y col romanzo Z" e un altro che dice "Sono stati assegnati i premi Italia, ecco l'elenco di tutte le venti categorie".
2) Focalizzato. Perché pretendere di premiare tutti i generi possibili? Premiamo la fantascienza, punto. Accettiamo il fatto che il fantasy ormai è un mondo a parte e che l'horror lo è sempre stato.
3) Credibile. Il voto popolare è una bella cosa, ma bisogna confrontarsi con la realtà: se i votanti sono migliaia il voto popolare può avere un senso, altrimenti no. A questo punto la credibilità va cercata per forza in una giuria ristretta e di prestigio. Magari con nomi noti del mondo della cultura, in modo da dare punti di riferimento all'osservatore esterno e uscire dalla logica del "se la cantano e se la suonano". Lo so che qualcuno ricorderà la triste esperienza con Moravia, ma io penso piuttosto a persone note del mondo della letteratura di genere, che so, Lucarelli, Dazieri, o magari personalità del mondo scientifico.
4) Organizzato. Che non vuol dire solo spedire e contare delle schede voto e preparare delle targhe; vuol dire curare l'immagine del premio, mandare comunicati stampa, promuoverlo nel mondo esterno. I premi sono una questione di immagine. Se nessuno cura l'immagine del premio il premio non vale nulla.
Un premio diverso
Credo sia abbastanza inutile a questo punto confrontare ciò che è venuto fuori da questi ragionamenti con l'attuale premio Italia.
Semplicemente il premio Italia nasce su basi differenti. È possibile trasformarlo in qualcosa di diverso? Avrebbe senso? Forse no.
La WorldSF rappresenta la parte professionale della fantascienza in Italia. E allora la mia proposta è che lasci perdere il premio Italia, e organizzi un vero premio professionale. Con delle basi solide, giurie di poche persone che ci mettono la loro professionalità e reputazione e che abbiano il tempo e magari anche la remunerazione per poter fare una valutazione seria dei candidati.
Il premio Italia potrà continuare a esistere come premio del fandom. Magari cambiando nome - se quest'anno dovesse andare come temo potrebbe essere ribattezzato Premio Hugo per l'Italia (chi è del giro da un po' di anni capirà la frecciatina...) - o riprendendo la denominazione "Premio Italcon" che forse è meno tradizionale ma anche meno presuntuosa e più corretta, e dedicarsi solo a categorie amatoriali. Dopotutto è il premio dei fan, che torni in mano ai fan. Avrà anche più senso.
La parola, adesso, alle varie assemblee che si terranno a Fiuggi.
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