Non avrà un destino felice il primo uomo virtuale. Sulla sua pelle verranno infatti testati gli impatti fisiologici di attacchi batteriologici, virali e di altri agenti infettivi, allo scopo di velocizzare lo sviluppo di antidoti in caso di guerra biologica. Global Research, ramo della General Electric specializzato in ricerca tecnologica, e la Transformational Medical Technologies Initiative (TMTI) spenderanno nel progetto più di un milione di dollari nei prossimi due anni, con la benedizione del Defense Threat Reduction Agency (DTRA), il ramo dei dipartimento della Difesa americano che ha assegnato il contratto.
Il progetto, denominato Uomo biotico, si avvale di uno specifico software di proprietà della Global Research, che consente di valutare le reazioni fisiche a un antidoto in tempi più rapidi rispetto ai test clinici. Il software verrà ora aggiornato per renderlo in grado di raffigurare con accuratezza ogni cambiamento fisiologico in un paziente affetto da traumi, bruciature o sottoposto a recenti operazioni chirurgiche. Insomma si potranno misurare gli effetti delle medicine simulando condizioni di partenza molto diverse fra loro.
Il ministero della Difesa spera di ricavare da questa ricerca un metodo per lo sviluppo di antidoti che si liberi dei problemi connessi alla scarsa sicurezza dei test sull’essere umano e all’impossibilità di prevedere gli aspetti di inefficienza (effetti collaterali in primis). Ovviamente eliminare tali limitazioni condurrebbe a un abbattimento verticale dei costi.
In attesa di assistere alla nascita dell'uomo virtuale "terapeutico", bisogna dare atto a Greg Egan, autore australiano, di essersi già immaginato qualcosa di simile nel 1993, nel suo Permutation City. Chissà se avverrà anche il resto di ciò che si narra nel romanzo…
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