Jonathan McCalmont non è certo uno che le manda a dire. Londinese, 32 anni, critico letterario e cinematografico, editore di FruitlessRecursion (sito dedicato alla critica in ambito fantascientifico, ricchissimo di materiale, anche se in lingua inglese) e carattere aggressivo. L'ultimo suo intervento, in ordine di tempo, fa tabula rasa della generazione emergente di scrittori inglesi suoi coetanei.
Cos’hanno infatti in comune Matthew de Abitua, David Llewellyn, Will Ashon e Mark Wernham? Sono autori di romanzi mainstream. All'apparenza niente di più, se non fosse che McCalmont ha deciso di riunirli sotto l’etichetta di un nuovo 'movimento letterario': il Barleypunk.
Farne parte non è proprio un onore, visto che il nome è stato pescato dalla sitcom Nathan Barley (2005), dove si raccontano le grottesche vicende di Nathan, giovane webmaster, dj, artista e tanto altro, convinto di essere 'cool' e impegnato a convincere gli altri di questo suo status. In realtà, la sua produzione artistica si limita a qualche puerile fotomontaggio postato sul suo sito, dove il giovane si inserisce di fianco alla celebrità di turno.
Il riferimento è volutamente provocatorio, ma l’immagine è quanto mai efficace. Quello che McCalmont vuole dire è che questi autori condividono un generico senso di malessere verso lo status quo. C’è un rifiuto comune per le forme più recenti del capitalismo, per cui tutti quanti gli autori citati, che non sono puramente sci-fi, ma che sono cresciuti in un mondo ‘ovattato’ dai generi, in cui la fantascienza è uscita dal ghetto per ‘annacquarsi’ nella cultura popolare, fanno largo ricorso a espedienti narrativi di genere, senza però capirne i meccanismi e dare vita a qualcosa che esprima in forme davvero originali il loro disagio.
McCalmont suggerisce anzi che questo malessere non è niente di nuovo: è già tutto contenuto nel testo primigenio della letteratura inglese moderna, ovvero Cuore di tenebra di Joseph Conrad (1902). In esso c’è un senso di alienazione verso lo status quo che riemergerà poi in John Wyndham (Il giorno dei trifidi,1951), ma anche in varie opere di JG Ballard (Il mondo sommerso, 1962; Crash, 1973; Il condominio, 1975; Cocaine Nights, 1996; Regno a venire, 2006).
Ma mentre Ballard combina surrealismo e angoscia nella creazione di un iper-realismo critico, le nuove leve invece riducono tale potente mix a espediente comico, che travolge tutto il resto. Non c’è spazio per il dibattito politico, c’è solo una violenta e ingenua espressione di disgusto. Tutti condividono una spontanea, quanto poco motivata, chiusura al presente, nel contesto di un mondo che invece va complicandosi.
Ma è così grigio il panorama fantascientifico inglese? Per fortuna no. McCalmont consiglia due autori: Nick Harkaway con Gone-Away World (2008) e Patrick Ness con The Knife of Never Letting Go (2008). Entrambe i romanzi riguardano la nascita di nuovi mondi e il rapporto fra uomo e tecnologia. Temi che evidentemente sono trattati in maniera sufficientemente problematica per un palato difficile come McCalmont.
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