1.

Era stabilito, Karl Bierof doveva morire quel giorno alle ore dieci antimeridiane, in HochschlossStrasse, al numero civico 16, quarto piano, interno tre. Causa del decesso: defenestrazione.

Il giovane dai capelli bianchi era in debito d’ossigeno, aveva corso ed ora riprendeva fiato. Era sulla HochschlossStrasse, sul marciapiede di fronte alla palazzina al numero civico 16, fermo con le mani sui fianchi boccheggiava fissando le finestre al quarto piano. Quali finestre corrispondevano all’interno tre? Ormai erano le dieci, inutile sperare in un ritardo, la Lista Ufficiale delle Morti Previste, pubblicata sul Quotidiano di Regime, non sbagliava mai. Pochi istanti ed avrebbe assistito al compiersi del destino finale del suo vecchio amico Karl.

Venti minuti prima il giovane dai capelli bianchi neppure si ricordava di quell’amico d’infanzia: se ne stava tranquillo e scomodo, seduto su una panchina di ghisa, presso il primo binario della RitterBahnof. Era in attesa del treno delle dieci per ReisfeldStadt e sfogliava il giornale guardandosi attorno.

Osservava le persone che marciavano spedite tra i fumi e i vapori fischiati sui marciapiedi dalle caldaie a carbone dei treni. Fumo grigio, gente grigia.

- I grigi nel grigio…

Tutti quanti erano protesi all’attività quotidiana obbligatoria. Il giovane dai capelli bianchi interrogava quei volti: chi tra loro aveva letto la data della propria morte sul Quotidiano di Regime? Quel vecchio sapeva forse che sarebbe morto entro l’anno? E quel giovane? Aveva letto la morte della propria madre, moglie, fidanzata? Tutti, in un modo o nell’altro, riflettevano sulla data, il luogo, l’ora, ma soprattutto sulla causale: la fatale circostanza della dipartita, la propria, quella dei propri cari.

I cari: esistevano ancora questi catalizzatori di dolore? Erano in via d’estinzione: tutti li potevano avere, tutti lo potevano essere, ma nessuno ne aveva più voglia. Quei grigi volti della RitterBahnof parevano non essere cari a nessuno. 

Tra i volti smorti, persi nel grigiore della stazione, attirò il suo sguardo un luminoso viso di donna, un volto diverso, non grigio, un bel volto vivo. Lui non aveva mai avuto interessi carnali per le donne comuni, non era vittima di quella perversione, si accontentava delle regolari visite notturne alla Casa di Piacere sulla SonnerStrasse, eppure quella donna comune… era diversa, non marciava come gli altri inseguendo un orario e una meta, non c’era niente di prestabilito e obbligatorio nel suo agire. Era come una bimba, o una malata di mente, qualcuno convinto di avere qualcosa di interessante da fare e da dire.

Rivolgeva la parola ad ogni uomo di passaggio, ad ogni giovane maschio, forse chiedeva un qualche aiuto, un favore, qualcosa che dall’energia che ci metteva doveva essere una questione di vita o di morte… di morte? Probabile che chiedesse solo soldi. Si, doveva essere così. Infatti tutti si liberavano di lei, presi dalla fretta di correre ai treni.

- Sei sfortunata…

Non racimolava monete, la povera donna.

Il giovane cessò d’osservare la vita triste della stazione e riprese a sfogliare il Quotidiano di Regime. Rilesse per l’ennesima volta gli elenchi con le date di morte. Quelle liste indicavano quotidianamente gli estremi dei decessi a venire nel corso dell’anno. Ogni mattina l’elenco si rinnovava di un giorno.

Neppure quella mattina aveva trovato pubblicato il proprio nome, quindi come minimo aveva innanzi ancora un anno di vita, come minimo.

- Bene, ne sono lieto…