Non crede che, in ogni caso, Ultimatum alla Terra risulti come un film un po’ datato?
È strano, ma nella mia esperienza personale anche se ci sono tantissimi cinefili che lo amano, c’è anche tanta gente amante di cinema che non l’ha mai visto. È una pellicola sorprendentemente poco conosciuta anche da parte del grande pubblico che non lo conosce affatto e che quando vedrà il mio film, purtroppo, non avrà termini di paragoni. Io adoro quello che ha fatto Robert Wise, ma – sono d’accordo – mi rendo conto anche del fatto che oggi si tratta di un film difficile da apprezzare da parte di un pubblico ampio. Sono sedotto dall’idea che la storia straordinaria che è stata raccontata sessanta anni fa e che noi ripetiamo, possa essere, così, consegnata ad una nuova generazione. Quella di Ultimatum alla Terra è, infatti, una grande storia.
Ci saranno sicuramente, però, un sacco di persone che vedendo il suo film resteranno incuriosite al punto da volere scoprire l’originale…
Me lo auguro anche se, purtroppo, temo non saranno moltissime. Faccio un paragone con un altro film di fantascienza che ho amato molto: L’invasione degli ultracorpi. La mia versione preferita è quella del 1979 diretta da Philippe Kauffman anche se, devo dire, che anche quella di Don Siegel è straordinaria. Le altre due che sono seguite, invece, non sono state granché. Anche la peggiore tra queste, però, non diminuisce la bellezza dell’originale, così come la versione migliore non aggiunge nulla... Ad essere onesto, non credo che nessun remake abbia mai danneggiato o messo in luce in un’ottica nuova un film originale.
Perché la fantascienza cinematografica prodotta negli anni Cinquanta risulta così unica nell’ambito di questo genere?
Nel caso di Ultimatum alla Terra ci sono una serie di fattori a rendere il film così unico: un regista di talento come Robert Wise, effetti speciali innovativi e senza precedenti, ma – soprattutto – una perfetta integrazione tra personaggi tanto interessanti nel contesto di una storia drammatica e molto attuale, nonché sofisticata e rilevante per l’epoca. Il realismo e l’approfondimento dei ruoli era superiore a tutto quello che accadeva in quegli anni in altre pellicole. Ultimatum alla Terra è un film tutt’altro che frivolo…anzi. Chi l’ha visto allora è rimasto soprattutto spaventato. È stato, senza dubbio, uno dei film più terrorizzanti degli anni Cinquanta che ha segnato diverse generazioni. È stato l’equivalente di quello che ha rappresentato Lo Squalo per la mia generazione…
Questo elemento accomuna Ultimatum alla Terra a The Exorcism of Emily Rose…
Credo che il compito di un regista sia, in questi casi, comprendere la natura della paura che intendi raccontare in un film. È un soggetto che mi interessa molto dal punto di vista personale, perché ho trascorso la maggior parte della mia vita, lottando contro la paura, provando a superarla. È un’emozione potente: può essere un fattore determinate e motivante per un’intera società, se non affronti le tue paure rischi di essere limitato nella tua sfera d’azione e se cedi a loro, beh, rischi di finire molto male. Penso che di tutte le emozioni proposte al cinema, la paura è quella più forte che il pubblico può percepire meglio di ogni altra. La differenza tra i miei due film è che se nel primo il terrore era immediato e choccante, qui, invece, si respira un’atmosfera di costante inquietudine per colpa di qualcosa che proviene da un altro mondo. Soprattutto, perché l’America è un paese che negli ultimi anni ha determinato il suo comportamento a livello internazionale basandosi sulla propria paura. Per me era fondamentale raccontare questo senso di disagio.
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