Per il futuro, voci contrastanti si sono inseguite sul ritorno del personaggio che più di tutti ha contribuito al suo successo. Ma al momento Morgan si trova legato alla Del Rey da un contratto editoriale per cinque titoli, tre dei quali andranno a comporre la sua prima trilogia fantasy. L’autore, che non ha mai nascosto la sua passione per le storie di sword-and-sorcery (amore sbocciato nell’adolescenza sulle pagine delle riviste di Michael Moorcock), si è dichiarato a più riprese entusiasta di questa opportunità di confrontarsi con un genere tradizionalmente inquadrato nella rigidità di schemi codificati. La sua incursione nei territori del fantastico si compirà “usando la tecnica e il tono già messi in campo per i romanzi di Kovacs”, per usare le sue stesse parole. E per l’occasione ha coniato pure una nuova definizione: fantasy noir, sul modello del future noir nato con Blade Runner e da lui fatto proprio. Il primo volume della trilogia nota come A Land Fit For Heroes (dal titolo di lavorazione proprio del primo romanzo) è uscito in agosto per il mercato britannico come The Steel Remains.
Sarà l’opportunità di “infrangere i codici di Tolkien per concentrare l’attenzione sulle crepe e le macchie nascoste dietro la copertina patinata”. Morgan ha messo in chiaro che non è sua intenzione cercare di reinventare il genere, visto il lavoro di così tanti buoni scrittori che negli ultimi tempi si sono applicati per schiuderne gli orizzonti (un nome per tutti, China Mieville). “Non sarà un sottogenere totalmente nuovo o uno spostamento radicale dalle regole. Ma solo il mio personale tentativo di fare qualcosa con il fantasy, dimostrando cosa sono capace di fare”. Tenendo fermo, come modello alternativo all’epopea tolkienana, il mix di orrore, violenza ed epica della Spada Spezzata di Poul Anderson.
Colto, raffinato, impegnato, eclettico, affabile e generoso (come ha avuto modo di apprezzare chi era presente nel 2007 alla Deepcon 8 di Fiuggi, di cui Morgan era l’ospite d’onore), questo giovane autore inglese adottato dalla Scozia è ormai avviato a far sentire il suo peso nello sviluppo futuro della fantascienza e del fantastico in generale. L’apertura alle contaminazioni di linguaggi e all’ibridazione dei generi, già sperimentata – per quel che riguarda fantascienza e thriller – con ottimi risultati da Michael Marshall Smith (Ricambi, Uno di noi), Jack O’Connell (Il verbo si è fatto carne) e K.W. Jeter (i sequel di Blade Runner ma soprattutto lo straordinario Noir), ha trovato in Morgan una nuova, validissima leva. E finché ci saranno in circolazione scrittori come lui, capaci di far sentire la carica della propria indignazione e di fronteggiare con lucidità la frustrazione di ideali falliti, la science fiction saprà perpetuare il suo ruolo demistificatore nei confronti di una realtà che troppo spesso ci dimostriamo disposti a subire passivamente, in quanto cittadini, ma anche in quanto lettori di un genere altrimenti destinato all’estinzione.
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