
Del 2007 è il suo ultimo lavoro nella fantascienza: Black Man, uscito in America con il titolo di Thirteen, vincitore quest’anno dell’Arthur C. Clarke Award e ancora inedito in Italia. In un’intervista rilasciata mentre era ancora alle prese con la sua stesura, Morgan ha dichiarato: “Mi sono preso una pausa dalla serie di Kovacs e questo romanzo è un tentativo di fare qualcosa di diverso continuando a lavorare con gli strumenti e le atmosfere del future noir. Il libro si situerà circa cento anni nel futuro da ora, in uno scenario di sperimentazione genetica indiscriminata che ha lasciato molti grattacapi sociali e in cui lo sforzo coloniale su Marte è degenerato in una rivalità politica tra un’America divisa e la Cina assorta a potenza di rango planetario”. L’attenzione per l’attualità politica e la situazione internazionale rappresenta un tratto distintivo della produzione di Morgan, ma se nella serie di Kovacs il nostro presente fatto di discriminazioni, fratture sociali, violazione dei diritti umani, indottrinamento mediatico e principi democratici esportati sulle ali dei caccia-bombardieri riviveva trasfigurato nel Protettorato delle Nazioni Unite, Black Man prosegue la nuova condotta intrapresa con Business, in cui la scrittura diventa un esercizio di estrapolazione del futuro dai dati della nostra contemporaneità.
Un’impresa sicuramente impegnativa, ma Morgan ci ha abituati ad aspettarci sempre il meglio, spingendosi in continuazione oltre i limiti dei risultati già raggiunti, per non correre il rischio di finire ingabbiato nei cliché di un unico genere. Finora, per esempio, il senso per la sfida lo ha portato a conseguire ottimi risultati anche nel campo del fumetto. Per la Marvel ha ripreso un personaggio secondario ma fascinoso come la Vedova Nera e ne ha ricostruito una storia e un presente in due volumi usciti sotto l’etichetta Marvel Knights: Homecoming (2005), apparso anche in Italia come Casa dolce casa, e The Things They Say About Her (2006). Un lavoro di “rifondazione” che rivela un grande rispetto per l’iconografia della Casa delle Idee e assiste con consapevolezza il talento visionario di Bill Sienkiewicz, fuoriclasse dei pennelli.
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