Intorno alla metà degli anni Cinquanta vennero compiute numerose crociere aeree sul Nuovo Messico per valutare le più efficaci configurazioni di schermatura e procedere a misurazioni e ricerche sull’operatività del reattore nucleare. Durante i voli il B-36 “atomico” era scortato da un secondo aereo che trasportava una squadra di paracadutisti addestrati a fronteggiare emergenze nucleari. In caso di disastro gli specialisti si sarebbero lanciati per isolare la zona contaminata e organizzare le misure di contenimento coordinando le autorità locali. Intanto gli esperimenti con i turbogetti ad alimentazione atomica procedevano regolarmente, confermando le previsioni teoriche sul rendimento dei motori. Questa volta la strada imboccata sembrava quella giusta e i primi risultati, benché arrivati con notevole ritardo, incoraggiavano a un cauto ottimismo. Il 4 ottobre 1957 l’inserzione in orbita del primo satellite artificiale della Terra, lo Sputnik I, poneva i bombardieri strategici, quali fossero le insegne portate sulle ali, di fronte all’unico comune nemico: il missile balistico intercontinentale (ICBM). Stretta tra una situazione economica non brillante e la necessità di reperire crescenti risorse per recuperare i ritardi accumulati nello sviluppo dei missili, l’amministrazione Eisenhower stava prendendo in seria considerazione di cancellare il programma relativo al bombardiere nucleare risultando chiaro come il teatro di confronto tra le superpotenze stava spostandosi dal cielo allo spazio. Siamo così tornati al dicembre 1958, punto di partenza per questa escursione attraverso gli anni della Guerra Fredda. La clamorosa notizia riportata da Aviation Week sul bombardiere a propulsione nucleare sovietico era una provvidenziale boccata di ossigeno per l’agonizzante progetto. Nuovi fondi furono stanziati e sebbene ridimensionate le attività in corso poterono proseguire sino a conclusione.
Nella primavera del 1961, ultimate le prove al banco dei turbogetti collegati al reattore di alimentazione e confermata l’efficacia degli schermi anti-radiazioni sviluppati, tutto era pronto per procedere all’assemblaggio del prototipo destinato al volo inaugurale. Nel maggio dello stesso anno il presidente Kennedy, da poco insediatosi alla Casa Bianca, decretava la cancellazione definitiva di tutte le attività.
I missili intercontinentali si erano dimostrati economici, di semplice costruzione e praticamente inarrestabili da qualsiasi dispositivo di difesa; l’era dei bombardieri strategici volgeva inesorabilmente al tramonto. Se dieci anni prima fossero stati disponibili il turboreattore nucleare e i moderni sistemi di controllo avionico, l’aereo atomico sarebbe senza dubbio divenuto una realtà e oggi alcuni esemplari volerebbero nei cieli, anche se questo tipo di propulsione sarebbe limitato ad applicazioni militari come avvenuto in campo navale. Il momento magico era passato e alla Corazzata dei Cieli non restava che rientrare mestamente nell’hangar dei sogni in compagnia degli Zeppelin e dei grandi idrovolanti oceanici, giganti ormai dimenticati per sempre.
Resta una domanda a cui dare risposta: che cosa era avvenuto dell’aereo nucleare sovietico al centro del clamoroso scoop? Semplicemente non era mai esistito. La conferma arrivò alcuni anni dopo da fonti ufficiali dell’Unione Sovietica che informavano come foto e disegni si riferissero a un bombardiere convenzionale a medio raggio che non aveva mai superato la fase di collaudo. Anche i sovietici avevano condotto ricerche analoghe a quelle descritte, ma queste erano state interrotte con l’avvento dei missili.
Chi avesse organizzato una tale bufala e a quali fini, lo lasciamo invece come gioco di dietrologia alla fantasia dei Lettori.
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