The Flying Wing rappresentava la sintesi di studi aerodinamici iniziati in Germania negli anni Trenta ed era considerata dai progettisti aeronautici l’archetipo di ogni futuro velivolo. Il concetto era talmente radicato nell’immaginario collettivo che non si trovava racconto, fumetto o storia di fantascienza in cui l’Ala Volante non comparisse quando si richiedevano prestazioni estreme come raggiungere i limiti della stratosfera o sganciare ordigni nucleari. La sua celebrazione più famosa rimane l’attacco all’avamposto marziano con una bomba atomica nel film La Guerra dei Mondi del 1953 prodotto da George Pal. Per ironia della sorte, poco dopo l’uscita della pellicola, il concetto di aereo venne abbandonato, dopo anni di collaudi, a causa dei problemi di stabilità, allora non sufficientemente controllabili, e per l’inadeguatezza a trasportare i pesantissimi e ingombranti ordigni nucleari del tempo.
Nonostante le continue pressioni esercitate sul Congresso dall’Aeronautica militare, impaziente di disporre al più presto di un prototipo, la definizione delle caratteristiche operative dell’aereo nucleare faticavano ad assumere un aspetto concreto. Dai tavoli da disegno venivano prodotte valanghe di schizzi, sempre diversi e suggestivi, ma più adatti alle riviste di divulgazione che a dar vita a progetti esecutivi. Anche gli ingegneri nucleari navali dovettero presto misurarsi con difficoltà prima mai affrontate: un motore atomico a spasso tra le nuvole necessitava di competenze che male si coniugavano con l’allestimento di propulsori navali. Particolarmente impegnativo appariva il problema della schermatura contro le radiazioni, la cui soluzione, a fronte dei vincoli di peso e geometria imposti da un aereo in volo, richiedeva interventi del tutto innovativi e solo ipotizzabili.
Di fronte al moltiplicarsi delle difficoltà e in assenza di risultati tangibili fu nuovamente richiesto agli ambienti accademici di produrre un rapporto aggiornato sul progetto. Le conclusioni presentate, sebbene positive, erano questa volta assai meno entusiasmanti. L’aereo a propulsione nucleare era certamente realizzabile, ma i tempi richiesti per risolvere i problemi sollevati dal reattore, dai turbogetti e dalle schermature richiedevano studi ed esperimenti preliminari della durata di una decina d’anni. Nel frattempo il Comando Aereo Strategico era diventato operativo e, sebbene dotato dei poco avveniristici bombardieri B-36 evoluzione del glorioso B-29 di Hiroshima, costituiva un credibile deterrente alle tentazioni aggressive di Stalin. Il volo supersonico e nell’alta atmosfera erano ora le passioni che avevano sostituito nel cuore degli esperti d’aeronautica l’amore adolescenziale per la propulsione atomica. Sebbene l’argomento continuasse a trovare spazio sulla stampa popolare e specializzata, il progetto era di fatto morto e si attendeva solo il timbro della burocrazia per procedere all’archiviazione.
Inaspettatamentesull’onda dei successi nello sviluppo della bomba all’idrogeno conseguiti da Edward Teller, lo scienziato che avrebbe ispirato a Stanley Kubrick il personaggio del Dottor Stranamore, l’idea riprese vigore, sostenuta da una cerchia di fanatici che vedeva nel bombardiere a propulsione atomica perennemente in volo con un carico di ordigni termonucleari l’arma definitiva per la difesa dell’Occidente e, inconfessabile segreto desiderio, per infliggere il mitico “primo colpo” risolutivo all’avversario. Facendo tesoro degli errori del precedente progetto fu creato il programma ANP (Aircraft Nuclear Propulsion) focalizzato sulla messa a punto dei turboreattori nucleari e delle relative schermature.
Gli studi sul propulsore vennero questa volta affidati alla General Electric e alla Pratt & Whitney, entrambe con storiche esperienze nel campo dei motori per aerei, coadiuvate dalla Commissione per l’Energia Atomica (AEC). Un bombardiere B-36 venne trasformato in laboratorio volante alloggiandovi un reattore nucleare funzionante per disporre dell’ambiente ideale allo studio delle schermature.
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