Il primo gruppo a proporre il concerto quale evento multimediale (con tanto di diapositive proiettate su maxischermi) è stato quello dei Pink Floyd.
A partire da Dark Side of the Moon, i Pink Floyd resero i loro concerti ancora più spettacolari con espedienti scenografici di grande effetto: nel 1973, all’Earl’s Court Exhibition Hall di Londra, fecero volare un aeroplano sul pubblico che finì per schiantarsi sul palco; nello stesso anno, al London’s Rainbow Theatre, si ripeté la stessa scena, con un finale gioco di luci riflesse su specchi e fumi multicolori.
Le scenografie degli Yes erano addirittura progettate dallo stesso Roger Dean, che già aveva curato le copertine. Le luci si muovevano in modo da creare figure in continua trasformazione, quando fiori, quando animali, quando macchinari.
Il tour di EL&P del 1973-74 fu un progetto assai ambizioso, con macchine della nebbia e fumo che fuoriusciva da strumenti apparentemente in corto circuito. Tali tecniche verranno adottate anche da altri generi in futuro, ma certe trovate stravaganti sono il coerente proseguimento degli spettacoli già portati avanti da Keith Emerson con i Nice: il Moog che pare saltare in aria, la pedana di Carl Palmer che ruota di 360° durante l’assolo di batteria ‘sparando’ raggi laser, o la neve fatta cadere sul pubblico durante una loro esecuzione di Silent Night.
Spostandoci dall’Inghilterra al Canada, ci imbattiamo nei Rush, gruppo che ha sapientemente fuso il rock progressivo di matrice inglese alle atmosfere più heavy dell’American Stadium Rock in voga negli Stati Uniti. Le liriche di 2112 (1976), considerato quasi all’unanimità l’apice della loro carriera, sono ispirate ai racconti di Ayn Rand.
Ma è solo ricordandoci dei cugini francesi che possiamo scoprire il caso sicuramente più interessante per ogni appassionato di fantascienza.
Sin dagli albori, il rock progressivo non si è limitato al territorio britannico. C’è stata una risposta alla via americana della psichedelia; c’è stato il "kraut rock" tedesco, la cui avanguardia in ambito elettronico ha portato al techno pop degli anni Ottanta; ci sono stati poi numerosissimi artisti italiani che, dal beat, si sono mossi lungo la scìa del rock progressivo inglese (senza mostrare però troppe caratteristiche ‘devianti’); altro territorio fertile per il rock progressivo è stato, in epoca aurea, quello francese.
Anche se derivanti soprattutto dall’influenza del "Canterbury Sound", gli esperimenti fantascientifico-teatrali dei francesi Magma introducono degli elementi fuori da qualsiasi "codice rock" mai proposto prima del loro esordio. Lo stile dei Magma non si fonda solo sui maestri della musica colta del ventesimo secolo a cui si sono ispirati anche quasi tutti gli altri gruppi ‘progressivi’ (Bartók, Stravinsky, Holst), ma anche sull’avanguardia del secondo dopoguerra (Krzysztof Penderecki), i canti gospel, il free jazz degli anni ’60 (John Coltrane) e la musica corale di Carl Orff (vedi i celeberrimi Carmina Burana).
Già dal secondo album le radici jazz-rock sono comunque meno evidenti che nel primo. Più avanti il sound dei Magma risulterà sempre più ossessivo e occulto, al limite della sopportazione auditiva per i non assidui frequentatori di musica colta contemporanea.
Uno dei tratti distintivi della musica dei Magma è, oltre al frequente uso dell’atonalità, il suo suono basso e cupo, scaturito dal caratteristico uso di ben due bassi (da loro chiamati "il basso di aria" e "il basso di terra") e di strumenti dall’estensione grave quali trombone, violoncello e fagotto.
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