Ma di quanto ambiente c'è bisogno?
Quanto è da espandere l'ambiente? Non troppo. Anche se stiamo ritraendo la Firenze del 1300 non dobbiamo scrivere una guida del Touring Club né un saggio storico, dobbiamo ritrarre lo stretto indispensabile che ci serve per inserirci la narrazione all'interno.
Niente nella descrizione dell'ambiente dovrebbe eccedere rispetto a questo punto. Ogni elemento all'interno di una narrazione, personaggio, trama, e quindi anche l'ambiente, è giustificato soltanto in base alla narrazione stessa, esiste per questa, non in assoluto. È tutta una faccenda di equilibrio tra le componenti. Così come è insulso sovraccaricare un personaggio rispetto alla parte che deve interpretare, è inutile e controproducente caricare l'ambiente. A meno di non essere veramente bravi, si finirebbe per fare dei puri e semplici infodump ambientali. Ora, l'infodump in sé e per sé non è un delitto, se si riesce a renderlo sufficientemente interessante, ma la parte spinosa è proprio nel “se si riesce”, e non è sempre facile controllare dove nel lettore, destinatario da tenere sempre presente, finisce l'interesse e inizia il tedio. Gli infodump ogni tanto servono, a volte sono indispensabili perché bisogna comunicare qualcosa e questo qualcosa deve essere detto per forza di cose tutto lì, ma bisogna farne un uso veramente oculato, perché di fatto, nel novanta per cento dei casi rappresentano dei veri e propri corpi estranei all'interno della narrazione. A ben vedere però, questi corpi estranei spesso avrebbero potuto essere spezzettati all'interno della narrazione. Facciamo un esempio concreto, supponiamo di ambientare una storia nella zona crepuscolare di un pianeta ghiacciato.
È ovvio che, in questo caso, l'ambiente avrà una parte preponderante, i personaggi non possono ignorarlo, esso condizionerà inevitabilmente i loro comportamenti. Da una parte possiamo descrivere l'ambiente in un unico blocco, o in due o tre blocchi (e l'autore più scadente penserà fatto questo di potersene lavare le mani e prima o poi il suo personaggio uscirà di corsa dalla base per inseguire qualcuno senza indossare la tuta protettiva, oppure leggerà un'iscrizione su una roccia alla luce del sole, avevamo detto “ghiacciato” e “crepuscolare”, ricordate?), possiamo invece cercare di mostrare l'esistenza dell'ambiente nei comportamenti dei personaggi (cercando naturalmente di non diventare ripetitivi od ossessivi, a meno che, beninteso, l'ossessività non sia un effetto cercato). Non abbiamo bisogno di descriverlo tutto insieme, ma possiamo farlo trasparire nella narrazione mano a mano che ci serve. E possiamo usarlo, come un qualsiasi elemento, per dire ciò che ci preme. Facciamo un esempio. Durante le ricerche per Nelle nebbie del Tempo mi capitò di leggere alcune notizie riguardo alla Guerra Bianca, quella combattuta sulle cime nel corso della Prima Guerra Mondiale. Il mio giudizio in merito è decisamente negativo e, anche se sfumato e poco appariscente, perché a me non piace dare messaggi, volevo darlo. Tra le notizie che lessi c'era quella, soltanto in apparenza strana, che le valanghe avevano fatto più morti dei combattimenti. A pensarci bene è un fatto poco noto. Avrei potuto citarlo, mentre i protagonisti prendono un caffé, ma sarebbe rimasto in vista come uno spuntone, un corpo estraneo all'interno della narrazione e allora scrissi un particolare di una scena apposta per dirlo:
Aveva appena finito la frase che un rumore tremendo, a metà tra un boato e uno scroscio, risuonò nelle vallate.
Che accidenti è stato? - chiese sorpreso e intimorito. - Una qualche arma?
- Valanga – rispose l'operativo. - Durante la Guerra Bianca le valanghe hanno fatto più morti della guerra stessa. Il rimbombo di tutti questi colpi di cannone non aiuta la neve a rimanere attaccata alle rocce
Mariani iniziò a guardarsi intorno nervosamente.
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