L’evoluzione tecnica ha aggiunto meraviglie grafiche impensabili, e in qualche caso ha forse tolto un pizzico di quell’immediatezza che ha fatto la fortuna del genere. Tant’è vero che, se nel mercato ufficiale gli arcade occupano una posizione ormai di nicchia, nel settore delle produzioni semi professionali il genere è ancora vivo e fiorente; numerosissimi sono infatti i giochi prodotti da singoli programmatori o piccole software house, che si affidano al canale distributivo della rete come ai primordi dell’informatica. Giochi scritti in Java o in Flash, principalmente per passione, sicuramente meno belli da vedere ma che conservano intatto l’intero sapore della gioco fine a sé stesso, della sfida con le proprie abilità. La conferma di questo si è avuta qualche anno fa, quando la rinata ATARI pubblicò, in occasione del trentesimo anniversario della fondazione, una selezione dei propri migliori giochi storici nella loro veste grafica originale. Pare sia andata a ruba. Segno che “arcade” è ancora un termine in grado di evocare. Che cosa, ognuno di noi lo può stabilire da solo.

Ma nel 1972 il pomeriggio autunnale è schiarito da un pallido sole. Nolan e Ted escono dalla sede della banca visibilmente soddisfatti. Hanno in mano un assegno e in testa una folla confusa di progetti e sogni, primo fra tutti una pallina che rimbalza…