Un nuovo flashback e torniamo alla fine degli anni Ottanta.

 Nel 1989 Dan Simmons dà vita a uno scenario di portata paragonabile all’universo ritratto da Banks: al primo volume dei Canti di Hyperion ne seguiranno altri tre e tre racconti, fino al conclusivo “Gli orfani di Helix” . Un altro affresco cosmico che dipinge l’Egemonia dell’Uomo, con l’umanità che dopo la sconsiderata distruzione della Vecchia Terra si è proiettata nello spazio e con l’Egira ha conquistato altri mondi. Un avanzatissimo livello tecnologico, che spazia dal volo stellare a velocità iperluce (le “balzonavi”) al sistema di teleporter che connette i diversi pianeti nella Rete dei Mondi, dalla clonazione all’integrazione uomo/macchina, è stata raggiunta anche grazie all’aiuto del TecnoNucleo, la “civiltà elettronica” che coalizza tutte le IA che hanno dichiarato la secessione dell’umanità nel corso del 23esimo secolo. La storia prende l’avvio intorno la metà del 29simo secolo e spazia per i successivi 277 anni, con un improvviso salto in avanti da parte del racconto conclusivo, di 481 anni rispetto al finale de Il risveglio di Endymion. Dalle forti sfumature metafisiche del prototipo seguiamo le avventure di numerosi personaggi, che si configurano come vere e proprie quest finalizzate a rivelare i molteplici segreti celati dalla storia ufficiale dei secoli futuri. Una presenza interessantissima, forse lo spunto più originale ai fini di questa trattazione, è quella dei Ouster, gli Esterni, una fazione di umani che hanno eletto lo spazio a loro dimora e che hanno deciso di vivere al di fuori dell’Egemonia. Ritiratisi nelle oscurità oltre la Frontiera, hanno seguito un percorso evolutivo divergente dal resto dell’umanità e da allora vivono in uno stato di perenne conflitto con essa, meditando di sferrare una crociata di riconquista.

Uno scrittore che incontreremo anche più avanti nell’evoluzione del filone è Walter Jon Williams. Il suo Stazione Angelica è un romanzo di vasto respiro che esprime la potente carica visionaria dell’autore, in forte debito verso i maestri Roger Zelazny e Samuel R. Delany. Biotecnologie e intelligenze artificiali la fanno da padrone. Al suicidio del loro padre-creatore, i saltatori Ubu e Bella Maria si ritrovano con i debiti di un investimento fallito e solo la loro nave su cui fare affidamento per barcamenarsi in un cosmo selvaggio in maniera estrema, ai limiti dell’ostilità. Le loro facoltà ingegnerizzate in fase di assemblaggio da materiale genetico di prima scelta, acuite da un processo di formazione programmato ad hoc, li condurranno di singolarità in singolarità (questa volta parliamo di singolarità gravitazionali, usate come meccanismo di propulsione attraverso gli abissi cosmici) fino all’incontro con una civiltà aliena e alla scoperta di una sorprendente rivelazione.

Sempre di Williams vale la pena ricordare Aristoi , che racchiude molti degli scenari già illustrati, dalla devastazione ecologica operata da una catastrofica proliferazione di nanotecnologie fuori controllo (il citato grey goo) alla simulazione virtuale in cui vengono tradotte e operano le coscienze digitalizzate dei protagonisti, dall’onniscienza (e onnipotenza) degli eredi dell’umanità richiamati nel titolo alla società rigidamente compartimentalizzata che rischia di degenerare in incubo distopico.

Le intelligenze artificiali e l’integrazione tra la psiche e la frontiera elettronica sono al centro di diverse opere che hanno fatto la storia del cyberpunk. Pensiamo al racconto Il prigioniero di Chillon di James Patrick Kelly (The Prisoner of Chillon, 1986), che si sviluppa in un ambiente claustrofobico, nell’atmosfera goticheggiante di un eremo alpino, intorno al controllo di una interfaccia neurale di ultimissima generazione; oppure al sofisticato hard-boiled ambientato nel Profondo Sud americano Morte della ragione (Death of reason, 1992), romanzo breve di Tony Daniel che si snoda su una complessa macchinazione politica orchestrata da agglomerati di interessi di stampo criminale, in cui umani eterodiretti sono ridotti al ruolo di pedine sacrificabili sullo scacchiere del potere economico-finanziario. E pensiamo a molti dei lavori di Tom Maddox: i racconti “Occhi di Serpente” (“Snake-Eyes”, 1986, in Mirrorshades) e “Spirito della notte” (“Spirit of the Night”, 1987, incluso nell’antologia Cyberpunk curata da P. Nicolazzini per la Nord, come pure i lavori citati di Kelly e Daniel), incentrati sulla dilagante autoconsapevolezza delle IA, e il suo romanzo del 1991 Halo in cui l’indagine sulle tematiche già prefigurate nelle opere brevi viene condotta su livelli sempre più profondi.

L’impatto delle manipolazioni biotecnologiche è invece esplorato da Lewis Shiner nel suggestivo “Fin quando voci umane non ci sveglieranno” (“Till Human Voices Wake Us”, 1984), racconto sostenuto da una tensione malinconica e crepuscolare, incluso da Sterling nell’antologia-manifesto del cyberpunk Mirrorshades.