2. Vocazione onnicomprensiva. A differenza di quanto accaduto in passato, per esempio con l’agguerrita diatriba tra fantascienza umanista e cyberpunk, il postumanesimo non ha ancora trovato una contrapposizione critica di qualche peso all’interno del genere. Con il che non si vuole sostenere che tutta la produzione corrente tenda ad essere ascrivibile al filone, ma è significativo constatare l’assenza di quelle sacche di resistenza, quando non proprio di autentica ostilità, che nel passato avevano sempre trovato espressione nei periodi di transizione e rinnovamento del genere. Questa particolarità può forse essere spiegata con quanto si diceva al passaggio precedente: il filone postumanista non ha una frontiera ben definita a separarlo dal resto della galassia fantascientifica. E non ce l’ha perché esso stesso si situa sulla frontiera speculativa del genere, affrontando con audacia la riflessione sui cambiamenti che stanno coinvolgendo la nostra società e configurandosi per la sua intraprendenza come avanguardia immaginifica della fantascienza stessa.

3. Influenza filosofica. A partire dalla prima metà degli anni Novanta, mentre si andava ancora strutturando come filone tematico interno alla fantascienza, il postumanesimo già esercitava una forte influenza speculativa al di là dei confini del genere. Un esito simile non deve stupire, considerando il forte impatto sull’immaginario popolare che il cyberpunk aveva già espresso e che ancora in quegli anni continuava a esercitare senza tradire segni di stanchezza.

Non è un caso, insomma, se fu proprio un matematico e scrittore di fantascienza come Vernor Vinge, già antesignano del cyberpunk, a fornire nel 1993 la prima definizione compiuta del concetto di Singolarità Tecnologica (The Coming Technological Singularity: How to Survive in the Post-Human Era ), subito entrato nella costellazione memetica che fissa le coordinate culturali della nostra epoca: per Singolarità Vinge intende l’ipotetico momento nella storia futura dell’umanità in cui le nostre capacità estrapolative verranno soppiantate dal tasso di sviluppo della tecnologia. Il progresso, e in modo particolare la sua modellizzazione come fenomeno non-lineare, come avanzamento esponenziale, gioca un ruolo cruciale in questa definizione, che può essere adattata – a seconda delle scuole di pensiero emerse nel seguito e non di rado già prefigurate dallo stesso Vinge – tanto all’emersione di una singola tecnologia postumanizzante forte al punto da imporsi come dominante (IA, amplificazione delle facoltà cognitive, interfacce pervasive uomo/macchina, nanotecnologie, biotecnologie, trascendenza della Rete) quanto dalla convergenza di due o più linee tecnologiche diverse.

Una importante differenza distingue tuttavia i due fenomeni: se il cyberpunk operò fondamentalmente in maniera circolare, attingendo direttamente o in derivazione dalla New Wave alle istanze del Postmodernismo per poi iniettare a sua volta i propri temi e la propria estetica nel panorama culturale ad ampio raggio, operando su un fronte multimediale, continuando ad avvalersi delle potenzialità di quest’epoca multimediale il postumanesimo sta progressivamente contaminando il panorama delle lettere e della riflessione filosofica, notoriamente egemonizzato da una sensibilità umanistica, con immagini, concetti, ipotesi e parallelismi che hanno le loro radici nella cultura scientifica che ha plasmato il Novecento, determinando in tutti i campi dell’attività umana quel progresso esponenziale che tutti siamo disposti a riconoscere. In questo senso, la sensibilità postumanista si connota come una sorta di ponte, un passaggio ovvero un canale, un mezzo propiziatorio per la ricaduta letteraria dell’avanzamento tecnologico e scientifico.

4. Tendenza alla ricomposizione. A dimostrazione della sua intrinseca attitudine onnicomprensiva, il postumanesimo manifesta una determinata tendenza alla riconciliazione. Come già detto per il superamento della dicotomia tra cultura umanistica e cultura scientifica e per il patto generazionale tra i precursori del cyberpunk, alcuni dei suoi alfieri e i suoi eredi, il postumanesimo suggella anche una convergenza tra inner space e outer space, un risanamento della storica frattura interna all’immaginario fantascientifico che già sembrava essere auspicato nelle caratteristiche del cyberspazio di William Gibson (ricordate il «primo contatto» riportato da Invernomuto/Neuromante nel finale di Neuromancer?). Non di rado ci ritroviamo di fronte a scenari di ampio respiro che trascendono la scala globale e si confrontano con una prospettiva interplanetaria, quando non cosmica. Senza mai dimenticare, però, l’aspetto dell’introspezione, l’impatto psicologico – potremmo dire – delle future tecnologie. Come risultato, perveniamo alla dimostrazione che la compresenza dei più eterogenei sottogeneri è una possibilità concreta e percorribile: come vedremo, il postumanesimo è stato in grado di sposare hard sci-fi, space opera, filone sociologico, femminismo, cyberpunk, viaggi nel tempo e perfino steampunk.