Guardò attraverso il vetro. C’erano una ventina di persone che si erano avvicinate curiose. Donne dalle lunghe gonne con in braccio bambini piccoli e uomini con barbe e baffi come non li portava più nessuno. Qualcuno aveva in mano uno strumento musicale: violini e fisarmoniche, se ben ricordava le illustrazioni che gli aveva fatto vedere suo nonno su qualcuno dei suoi libri di carta.Anche la donna li notò: — I terroristi! — disse, dando un ulteriore contributo al clima agitato che serpeggiava adesso tra i passeggeri.— Ma le sembrano terroristi? — le chiese Valerio.La donna lo squadrò seccata.
— Dice di no?
— Se dico di no? Ma… ma le pare che quelli siano terroristi?
La donna guardò ancora dal finestrino. Alcuni dei bambini stavano sguazzando nel fango della strada sterrata che si trovava subito dietro la recinzione.
— Vedrà quando ci potremo collegare ai notiziari, vedrà se non faranno un servizio sui terroristi che hanno interrotto il servizio di trasporto.
Valerio scosse la testa e incrociò gli occhi azzurri della ragazza bionda. Gli stava sorridendo. Era bella quanto una delle attrici del visvir; i suoi tatuaggi aggiornati secondo l’ultima moda.
— Non credo neppure io che siano pericolosi.
— Già, non credo proprio — rispose Valerio attivando il programma di ricerca per vedere se la ragazza stava rendendo disponibile il suo indirizzo in locale in modo da farglielo raccogliere.
— Non pensi che vogliano salire sul treno? Magari potrebbero aiutarci.
— Non so. Dopo tutti questi anni in cui sono stati nel loro villaggio di accoglienza, non credo che abbiano molta voglia di uscire. Si troverebbero, come dire, un po’ spaesati. A quanto so nessuno di loro ha accesso alle tecnologie adatte.
La ragazza rimase a guardare quei bambini.
Valerio non captò nessun indirizzo. Peccato, perché era proprio una bella ragazza e gli sarebbe piaciuto aggiungerla alle sue conoscenti in rete e invitarla a qualche forum virtuale o a qualche simulazione. Forse aveva solo l’agenda già tutta impegnata e non aveva tempo virtuale ancora libero. Era restio a farle delle domande personali, perché, a differenza di quanto diceva suo nonno, non era così che si facevano le cose.
Guardò a sua volta dal finestrino. Molti occhi osservavano il treno ad alta velocità fermo, qualche mano sporca di fango lo indicava.
L’impianto del treno continuava a non dare nessun collegamento. C’era proprio da aspettare.
Sir Reginald abbatté l’ultimo scheletro animato, facendo rotolare lontano il teschio e il suo sorriso a trentadue denti.
— L’ingresso della Camera Oscura, il cuore del Tempio segreto di Vor! — esclamò il Vescovo della Lega Elfica, indicando una massiccia porta di bronzo sulla cui superficie erano stati incisi misteriosi bassorilievi.
Proctor vi appoggiò la mano per un breve istante e poi cominciò a recitare una delle formule della Scuola della Magia Sequestrata.
— Apriti, porta! — disse…
Un altro treno li superò sfrecciando sul binario a fianco, ma il loro rimase del tutto immobile. I passeggeri si guardarono tra loro, nervosi.
— Ma il Governo cosa fa? — disse qualcuno in fondo alla carrozza, alzandosi di scatto e provocando una certa apprensione tra chi stava seduto.
— Già. Chissà cosa stanno facendo i ministri, invece di intervenire — ribatté un altro.
Valerio scosse la testa. Era strano quello che veniva in testa alla gente quando si trovava in una situazione diversa dal solito. Pensare ai ministri o ai parlamentari. Come se i quattro ministri che formavano il governo e i trenta parlamentari in carica potessero occuparsi di un treno fermo con tutto quello che avevano da fare.
Però erano ancora fermi e stava diventando tardi. La linea ad Alta Velocità garantiva collegamenti veloci, ma si continuava a non sapere cosa fosse accaduto.
La ragazza stava guardando solo distrattamente qualcosa che aveva nella memoria del visvir, perché non appena incrociò il suo sguardo si spinse un pochino in avanti verso di lui.
— Non pensavo che ci sarebbe voluto tanto.
— Già. Neppure io — rispose Valerio.
Occhi azzurri e capelli biondi. Ma cosa dirle senza passare dalla rete come faceva sempre? Nessun avatar, nessun soprannome, nessuna piazza virtuale. Doveva pensare a qualcosa.
— Sai che una volta, prima che fosse tutto automatizzato e gestito dagli impianti, c’era del personale a bordo dei treni?
— Davvero?
— Sì. Mio nonno, che ha la sua età e quindi vede le cose a modo suo, mi dice sempre che quando questa linea non era ancora ad Alta Velocità, c’erano addetti che guidavano il treno e controllavano se la gente era in regola con l’abbonamento e, credo, anche se erano a posto con la loro identità.
— Una perdita di tempo.
— Io ne sono convinto; mio nonno un po’ meno, ma si sa che è parecchio rincoglionito — Valerio ridacchiò. — Però, forse in un caso del genere sarebbe comodo qualcuno a bordo a conoscenza di quello che succede.
— Non so. Sarebbe isolato anche lui — rispose la ragazza scuotendo la testa.
Valerio si irrigidì. Aveva sperato di fare colpo su di lei con quella conoscenza, ma forse aveva fatto la figura dello stupido. Accidenti. Era molto più comodo stare in rete in modo da controllare prima le cose da dire, con tutti i database a disposizione.
Fuori gli abitanti del villaggio di accoglienza erano ancora lì, che guardavano da dietro la recinzione. Forse faceva meglio a tornare al suo file. Prima o poi il treno sarebbe ripartito.
Sir Reginald spinse di lato il coperchio del sarcofago sollevando una nuvola di polvere. Dentro il sepolcro si trovavano i resti mummificati dell’Imperatore Nero di Vor e nelle sue mani, avvolte da bende scarlatte, riposava il Cristallo del Destino e del Dolore, forse l’oggetto più potente che fosse mai stato creato, la matrice in cui erano stati racchiusi…
Valerio interruppe ancora la lettura. C’era movimento sul treno, perché la gente stava iniziando davvero ad agitarsi. Possibile che non avessero file a sufficienza nelle proprie Cell per passare un po’ di tempo? L’isolamento dal resto del mondo non era piacevole, era forse antiquato, tipico della generazione di suo nonno, ma si poteva sopportare.Era trascorso quanto tempo? Solo venti minuti di mancato consumo di programmi, di notizie e di presenza in forum virtuali e arene. Ma per qualcuno erano fin troppi. Alcuni dei passeggeri stavano cercando di forzare le porte, accanendosi sul sistema di apertura sigillato alla partenza dall’impianto del treno.
La donna seduta accanto a lui si alzò di scatto.
— Bravi, bravi. Ecco qualcuno che prende delle decisioni e fa qualcosa per tirarci fuori di qui. Se fanno scattare l’allarme delle porte, verranno di certo a salvarci dai terroristi!
Valerio fu sul punto di farle osservare che, con l’impianto guasto, non ci sarebbe stato nessun allarme, ma lasciò perdere, anche perché l’uomo con il Papapod, urtato lievemente dalla donna, aprì gli occhi e si iniziò a guardarsi attorno.
— Che succede?
— Siamo fermi e isolati, ma non sappiamo perché. Dato che lei è collegato via satellite, non potrebbe mandare un messaggio alla stazione in modo da avere qualche informazione o anche per chiedere aiuto?
L’uomo lo squadrò attentamente, osservando i tatuaggi del suo impianto.
— Dovrei aiutare qualcuno privo di una vera guida morale? Chi giudica le sue azioni?
— Sono perfettamente in grado di scegliere cosa fare e cosa non fare.
L’uomo fece una smorfia e guardò da un’altra parte.
— Ne dubito.
— Ma non vede che siamo in difficoltà?
Qualcuno era riuscito ad aprire la porta e la gente iniziava ad accalcarsi verso l’uscita, pronta a scendere dal treno alla ricerca di un nodo di collegamento per potersi inserire di nuovo in rete. Per un attimo a Valerio sembrò di vedere tanti pesci boccheggianti in cerca d’aria, un’immagine che gli venne in mente soprattutto grazie ai racconti di suo nonno.
La donna gli lanciò un sorriso sarcastico e seguì gli altri passeggeri. Anche la ragazza si alzò, ma dopo aver fatto due passi si voltò per domandargli.
— Non scendi?
Valerio scosse la testa. Poteva stare ancora un po’ senza collegamento.
Sir Reginald alzò il Cristallo del Destino e del Dolore, il fulcro della sua missione, e fu allora che le mani della mummia millenaria si mossero per ghermirlo, stringendogli la gola in una morsa fatale…
Valerio si distrasse ancora. Fuori, le donne e i bambini oltre la recinzione stavano facendo dei gesti, le loro espressioni erano preoccupate. Ma aveva senso il fatto che loro si preoccupassero che l’impianto del treno non funzionava?
Certo, come diceva suo nonno, ogni azione ha una conseguenza. Già, anche per quel rinco di suo nonno. Proprio lui che gli ripeteva le stesse cose da anni; anche se doveva ammettere che qualcuna gli era servita e che anche il solo ragionarci sopra gli aveva fatto capire parecchie cose.
Gente agitata fuori; gente che scendeva dal treno dentro.
La ragazza era sulla porta, pronta a scendere sui binari dell’Alta Velocità dietro gli altri.
Alta Velocità.
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