Valerio fissò i falsi tatuaggi, alcuni mascheravano in maniera elegante l’impianto visvir innestato sulla fronte, poi incrociò i suoi occhi azzurri e limpidi.— No. Per niente — le rispose abbozzando un sorriso imbarazzato.— Neppure io. Sai dove siamo?Valerio accennò al finestrino.
— Quella è la centrale nucleare di Quarto Oggiaro. Davanti ci sono le case del villaggio di accoglienza. Abbiamo fatto poca strada, prima di fermarci.
— Non vi collegate neppure voi? Ecco, visto! — esclamò la donna. — Come facciamo a sapere cosa è successo. Chi può saperlo?
Valerio notò che il passeggero seduto a fianco della ragazza bionda fino a quel momento non era intervenuto, e non sembrava neppure essersi reso conto del problema. Anzi se ne stava con gli occhi chiusi e un sorriso stampato sulle labbra. Ci volle un attimo per capirne il perché. Aveva un Papapod satellitare. Con il collegamento diretto che aveva, non si era neppure accorto che intorno a lui era successo qualcosa. Gli innesti e gli impianti permanenti di nuova generazione non erano ben visti da parte dei cattolici, che preferivano un apparecchio esterno sintonizzato individualmente a livello dell’encefalo, che permetteva in ogni momento del giorno di essere in collegamento bilaterale con il Pontefice, o meglio con la rete computer vaticana gestita da una serie di intelligenze artificiali avanzate, a loro volta collegate al Papa. Un vero cattolico poteva così sentire sempre la voce del suo pastore e allo stesso modo tutte le sue azioni erano viste, moralmente giudicate, ed eventualmente corrette, in tempo reale. Il Papapod era agganciato al collo, copriva l’orecchio destro e si estendeva sull’occhio destro per sovrapporsi all’udito e alla vista di chi lo portava. Alcuni utilizzavano il modello con cilicio incorporato, che elargiva direttamente le penitenze.
Valerio scosse la testa. Anche qui suo nonno avrebbe sbraitato sputacchiando in giro: “il livello definito di Dio ti vede” lo chiamava. Era senza dubbio un argomento che lo scaldava. Si ricordava di quando aveva promesso che avrebbe preso a bastonate suo nipote se solo pensava di indossarne uno. La coerenza di suo nonno era senza dubbio uno spettacolo.
Però, dato che il Papapod rimaneva in contatto grazie ai satelliti vaticani, forse poteva chiedergli se aveva qualche notizia sul loro ritardo. Ma solo se la cosa si fosse protratta a lungo. Magari più tardi.
— Ecco il Tempio segreto di Vor! — disse il Vescovo della Lega Elfica indicando la piramide a gradoni che svettava maestosa nella radura. La sua cima, più alta degli alberi della foresta, scintillava sotto i raggi del sole.
Sir Reginald iniziò l’ascesa verso la cima, dove era sicuro si trovasse l’entrata per penetrare nelle viscere dell’antica costruzione. Gli altri lo seguirono.
—Guardate! — disse Proctor, indicando un gruppo di zombie che erano apparsi da alcuni passaggi segreti...
Valerio defocalizzò ancora una volta la visvir e guardò la ragazza bionda che stava indicando qualcosa fuori dal finestrino. In quel punto la linea ferroviaria che univa Milano a Saronno e poi a Como costeggiava l’area che molti anni prima era stata concessa ai Rom, dietro le varie pressioni da parte delle Nazioni Unite dopo che l’Italia era uscita dalla Comunità Europea per protesta. Il villaggio di accoglienza era una vasta superficie confinante con la centrale nucleare e protetta da un muro alto cinque metri, tranne che sul lato della ferrovia.
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