Defocalizzò la pagina e mise il file in archivio. Il mondo smise di essere un semplice sfondo e tornò in primo piano; intorno a lui, nella carrozza, molti altri avevano agganciato il medesimo segnale, perché si stavano muovendo in preda al leggero nervosismo tipico di quando si viene interrotti mentre si sta in visvir.“Fermata Cadorna tra cinque secondi.”Valerio si preparò a scendere. Si guardò distrattamente attorno, senza in realtà osservare nessuno; non amava la folla, la ressa, e preferiva starsene separato, un modo di essere preferito un po’ da tutti. Quello era uno dei motivi per cui gli stava bene abitare fuori Milano, affrontando ogni giorno il viaggio di andata e di ritorno, con l’idea che poteva allontanarsi da una metropoli che continuava a imbruttirsi, che poteva staccare tornando a casa. Non era l’unico lo faceva.“Fermata Cadorna. Apertura porte”, recitò la scritta rossa nel suo impianto oculare un istante prima dello scorrere laterale che liberava tutti dalla carrozza. Valerio scese, fece passare qualcuno per essere meno pressato dalla gente e poi montò sulla prima piattaforma mobile che risaliva fino alla stazione. Non aveva molta fretta; anzi aveva un buon margine prima del prossimo treno.
Passò il posto di controllo della polizia senza rallentare. Nessuno aveva bisogno di rallentare. L’impianto della stazione si collegò alla sua Cell e chiese il codice, digerendo nella risposta abbonamento, identità e via libera. Era molto raro che uno dei quattro poliziotti in armatura dovesse intervenire per qualche controllo fisico.
Gli apparve l’elenco dei treni in partenza, selezionò quello che intendeva prendere e seguì le frecce virtuali fino al binario. Quando salì sul treno la sua Cell si collegò al computer del treno.
“Treno ad Alta Velocità 251678, Cadorna-Como. Fermata intermedia Saronno, partenza ore 18.45. Benvenuto. Per i posti seduti disponibili, seguire le frecce guida.”
Valerio scelse un posto libero e ignorò gli altri passeggeri. Il suo viaggio di 25 chilometri durava solo pochi minuti e intendeva sfruttarli tutti per leggere.
Sir Reginald troncò con il primo fendente il braccio destro del troll, recidendolo all’altezza della spalla. L’arto cadde sul terreno, continuando però ad agitarsi come un’anguilla tolta dall’acqua.
—Torna dalla palude da cui sei emerso! — esclamò girando su sé stesso e mozzando di netto la testa del mostro.
Ci fu un’esplosione di sangue giallastro e puzzolente, accompagnata da un rumore di rotolamento.
Sir Reginald sapeva bene di dover bruciare la testa, che altrimenti si sarebbe ricongiunta al corpo del troll, ma quando fece un passo si accorse che la mano del braccio tagliato gli aveva afferrato il piede protetto dall’armatura…
Valerio si accorse appena della partenza del treno, anche se la sua Cell registrò l’orario e lo mise in memoria per eventuali reclami sui ritardi, ma si spostò in modo che il testo non si sovrapponesse al finestrino. Leggere con lo sfondo in movimento a quella velocità gli faceva sempre venire una nausea terribile. La ragazza che sedeva davanti a lui era senza dubbio un fondale molto più gradevole: bionda, con i capelli lunghi raccolti in una coda e una serie di falsi tatuaggi dai colori brillanti sul viso. Per un attimo Valerio pensò di usare il programma di hackeraggio per scoprire il suo indirizzo visvir e mandarle un messaggio.
…il fuoco, ci vuole il fuoco! — gridò Sir Reginald.
Proctor si avvicinò e mormorò alcune parole arcane; subito i palmi delle sue mani sembrarono accendersi come di un fuoco liquido. Il mago strinse con forza il braccio del troll, che iniziò ad agitarsi come in preda alle convulsioni…
Valerio interruppe la lettura. Il treno si era fermato. Anche se era costruito in modo da assorbire l’impatto dell’alta velocità sui viaggiatori, la mancanza assoluta di movimento si percepiva ancora. Erano proprio fermi.
Piegò la testa verso il finestrino. Accanto a loro c’erano altri cinque binari, poi una recinzione senza dubbio elettrificata, una strada orlata da un vasto campo di erba dai colori giallastri, quindi un gruppo di basse costruzioni e poco più lontano un’enorme costruzione in cemento.
Più o meno sapeva cosa si trovava lungo la linea ferroviaria che percorreva ogni giorno, ma dato che di solito era quasi impossibile guardare dal finestrino oggetti che svanivano velocemente, dovette dedurre il punto in cui si erano fermati. In effetti, avrebbe dovuto riconoscere subito quell’edificio.
Si guardò in giro. I passeggeri sembravano ancora tutti assorti nelle loro visvir.
Provò a collegarsi all’impianto del treno, ma non ottenne risposta. Non stava agganciando nulla. Era un po’ sconcertante fare una richiesta visvir a vuoto.
— Ma siamo fermi?
Sul sedile di fianco a lui una donna sui cinquanta si stava guardando attorno a occhi spalancati.
— Sembra di sì.
— Mica sarà uno sciopero!
Valerio si irrigidì e squadrò la donna.
— Dice di no? Che non è uno sciopero.
— Mi sento di escluderlo — le rispose, pensando tra sé a cosa avrebbe detto suo nonno al sentire quelle parole. Che fosse uno sciopero era impossibile, dato che gli scioperi erano stati aboliti per legge anni prima e trasformati simbolicamente in un paio di giorni di vacanza, il venticinque del mese di aprile e il primo di maggio. Aveva sentito così tante volte suo nonno ripetere la cosa con un certo astio, che poteva anche sorridere dell’ingenuità della donna. Il fatto che nel linguaggio normale si usasse la parola sciopero al posto di dire disastro o anche merda, era proprio una delle cose che faceva salire la pressione a suo nonno.
—E allora? Terroristi, forse? Non riesco a collegarmi con il treno e la trasmissione sui nodi esterni non funziona — proseguì la donna.
—Terroristi?
Suo nonno si sarebbe giocato le coronarie con questa tizia. “I terroristi sono come l’uomo nero: fa comodo a tutti averne paura, ma quando lo cerchi è sempre da un'altra parte.” Già, solo che Valerio aveva impiegato dieci anni a capire che cos’era l’uomo nero.
Però era vera una cosa. Il collegamento con i nodi esterni era instabile. Il suo impianto visvir della Cell trovava la linea, ma non passavano dati.
La ragazza seduta di fronte si piegò in avanti e gli sorrise.
— Tu hai collegamento?
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