I cavi di traino diedero un lieve strappo e la zattera scarrocciò a sinistra. Alzando gli occhi, Cesare si rese conto che il rimorchiatore aveva controbracciato, segno che si apprestava a cambiare le mure. Non comprese il motivo della virata. Si voltò a mezzo. Spostata sulla sinistra, a meno di un quarto di miglio dietro la chiatta, l’ammiraglia aumentò l’andatura, aiutata dai motori ausiliari. In quel momento, il segnalatore tascabile trillò. Lo agganciò all’orecchio. – Sì, capitano.
La voce della Scuttari gli giunse forte e chiara. – Lance d’altura in rapido avvicinamento da sud est. A tutto il convoglio – aggiunse. – Aggregarsi attorno alla Nave-Madre.
Afferrò il binocolo agganciato alla cintura e scrutò l’orizzonte. Il reticolo a plasma centrò tre sagome grigie e affusolate avanzare veloci in formazione parallela. Tagliavano le onde con rabbia, lanciando spruzzi altissimi ben individuabili. Nell’angolo di destra dello schermo lesse la loro velocità stimata.
- Vengono dritte verso di noi – comunicò Cesare. – Quaranta nodi circa. – Un brivido si stava arrampicando sulla sua schiena. Sgradevole, premonitore.
- Battelli corsari – confermò il capitano. – Cercano qualcosa. Il carico della chiatta potrebbe essere il loro obbiettivo. Tornate sùbito a bordo.
- Sissignore – rispose. Indicò a Zack di accostarsi alla lancia. Con la coda dell’occhio lo colse nell’attimo in cui infilava dentro il giubbotto l’oggetto sferico che teneva in mano.
- Resto-you-go – disse Zack e accompagnò le parole con un gesto inequivocabile.
- No. Ce ne andremo tutti e due. – Cesare lo gratificò di uno sguardo penetrante.
L’uomo scosse la testa. – Qui – insistette. – You-go.
Ecco come stavano le cose, pensò l’allievo. Anche se non comprendeva con precisione i termini dell’accordo, era certo che il Marconiano fosse in combutta con quella gente. Nell’alloggio si era messo in contatto con loro e durante il tragitto aveva fornito la posizione del convoglio.
Sulla dritta, i tre motoscafi erano ormai ben visibili, squali pronti ad avventarsi sulla preda. Non restava molto tempo. Allora, fece qualcosa che non aveva mai fatto prima. Estrasse il coltello e con rabbia lo puntò allo stomaco dell’uomo.
- Scendi – sibilò. Zack arretrò d’un passo, sgranando gli occhi. Cesare lo spintonò e l’altro quasi cadde nella barca. Arrancando, si ritrasse lontano dalla timoniera.
Rapidamente, Cesare rinfoderò l’arma, sciolse l’ormeggio e mise in moto. Un attimo dopo, l’imbarcazione balzava in avanti. Lo scafo eseguì un’inversione di centottanta gradi, inclinandosi paurosamente prima di riprendere l’assetto. S’udirono due tonfi liquidi. Le gòmene di traino erano state sganciate e la zattera abbandonata a se stessa.
- Sei d’accordo con loro. Vogliono quello che hai nascosto addosso, vero? Ma che cos’è? – L’altro aggrottò la fronte, non capiva. In tono duro, Cesare ripeté la frase nell’idioma hitech.
- Data-storage – disse Zack. – Utility-high-cost. – Sorrise, mostrando i denti. Pareva farsi beffe di lui, lo considerava uno stupido, come spesso si comportava suo padre.
- Non ti permetterò di impossessarti della nostra merce – disse Cesare furente. Attivò il segnalatore e, in breve, mise al corrente il capitano della situazione. – Vogliono mettere le mani su un Concentratore – spiegò. – È un’apparecchiatura costosa. Credo abbiano bisogno del Marconiano per farla funzionare.
- Restate in contatto – ordinò la Scuttari.
Il Quarnaro si stava approssimando. Lasco era al timone ed un marinaio era pronto a ridurre la velatura di maestra per rallentare la velocità di avvicinamento. Appoggiata al bastingaggio di prua, la capitana tentava di intuire le mosse degli intrusi.
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