Da cinque minuti il Marconiano era indaffarato a controllare le apparecchiature del cilindro a vento inchiavardato sulla chiatta. Gli snodi longitudinali del pontone assecondavano il movimento delle onde, ma l’uomo era costretto ugualmente a divaricare le gambe per mantenersi in equilibrio. Indossava una casacca rossa a strisce gialle in cotone e un paio di pantaloni a tre quarti dello stesso tipo allacciati sopra le ginocchia. Ai piedi, sandali in cuoio importati dalla Sinoindia. La testa, completamente calva, luccicava di sudore sotto il sole a perpendicolo.Cesare distolse lo sguardo dall’uomo e si accucciò accanto alla battagliola. Finse di verificare l’ormeggio della lancia elettrica e ripensò, dominando un brivido, all’accaduto della notte precedente. Nel vano in comune non era riuscito a sapere molto dal passeggero. Alle sue domande, l’altro aveva risposto in maniera concisa, quasi infastidito. Si chiamava Zack, aveva trentadue anni e viveva nella Megalopoli Centro. Nient’altro. Durante il turno di riposo, steso nella brandina, Cesare aveva percepito nel dormiveglia un’ombra china su di lui, una sagoma umana intenta a spiare se stesse davvero dormendo. Suo padre aveva quella cattiva abitudine, specialmente dopo averlo rimproverato. E lui lo aveva detestato per questo. Nessuna intimità, nemmeno per piangere. Nella cabina, quella visione dai contorni indistinti lo aveva intimorito. Era rimasto immobile contenendo il respiro, le palpebre appena socchiuse, finché la vaga forma non si fu allontanata. Nella penombra, aveva intravisto il Marconiano digitare con furia sul terminale allacciato all’avambraccio.
Ora, sulla zattera, avvertiva il tremore di quella notte farsi più insistente. Si alzò e procedette verso il cilindro a vento.
Quasi avesse intuito l’arrivo dell’allievo, Zack si volse. La pelle del volto aveva un che di diafano, solcata da una fitta ragnatela di vene azzurre. Gli occhi grigi possedevano quella luce brillante di curiosità disincantata caratteristica di tutti gli hitech.
- Quest – disse il tecnico. – When-arrive-destinat. – Si esprimeva in maniera rapida, con pause tra le parole simili a un singhiozzo. La voce possedeva una gradazione monocorde, priva di variazioni tonali.
- Ans – rispose Cesare, usando il medesimo idioma. – Sette-gg-no-problem. Risposta: sette giorni, se non ci sono problemi.
Il Marconiano si sfiorò con le dita la piastra tonda applicata sotto la mastoide sinistra. Parlò a labbra chiuse per alcuni secondi, quindi indicò di avvicinarsi.
Il rollio del ponte era aumentato. Cesare lanciò uno sguardo obliquo a dritta. A parecchie decine di metri, il rimorchiatore a vela, che aveva al traino il pontone, procedeva a circa otto nodi spinto dalla brezza tesa di est-nord-est. Sulla sinistra, altre imbarcazioni appartenenti al convoglio eseguivano manovre per imbracciare meglio il vento, compresa la mastodontica Nave-Madre. Le prue affondavano dolcemente nell’acqua verde cupo, e quando risalivano un cordone di spuma bianca e azzurra si disperdeva sulla superficie del mare. Il beccheggio era continuo, lento e armonioso.
- Quest: sapere-what-makin’ – chiese Cesare. Nella sua voce era affiorato un tono inquisitorio. Che cosa state facendo?
Zack lo scrutò serrando le palpebre. Sollevò le spalle e accennò un sorriso ironico. Dall’intercapedine del cilindro, sfilò un bulbo d’acciaio, grosso quanto un pugno. Sottili cristalli scorrevano paralleli sulla superficie.
- Ans: errorfunction – rispose, rigirando l’oggetto tra le dita. – Send-data-Mega-Centro.
Cesare non sapeva con precisione a cosa servisse quell’affare, ma intuiva che il comportamento del Marconiano nascondeva qualcosa di poco chiaro. Davvero quel dispositivo era guasto? E cosa stava digitando con tanta foga la notte prima? Forse era stato quel riso ambiguo ad accendere nella sua mente la scintilla del dubbio. Spesso suo padre aveva avuto la medesima espressione tracciata sul volto. Una manifestazione di sottile scherno. La maggior parte degli hitech era sempre così altezzosa e sprezzante verso chi non apparteneva alla loro cultura. Eppure erano membri dell’Unione, al pari degli Eco e della Gente di Mare, ed i loro rappresentanti sedevano nel Parlamento Alto del paese.
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