- Nella prima Zona di Distribuzione Energetica, Megalopoli Nord, a ridosso delle estensioni agricole padane – rispose Cesare. – Mio padre era responsabile dei convogliatori laser per l’energia. Più precisamente controllava i satelliti a specchio dai quali vengono indirizzati i fasci d’onda radiante. Noi abitavamo… – lasciò cadere la frase. Un ricordo lontano lo turbò. Nella mente rivide la figura di suo padre. Un uomo oscuro, dai modi severi, che non concedeva spazio agli errori. Voleva fare di lui un perfetto hitech. Neppure da bambino gli era permesso combinare qualche guaio. Un Marconiano doveva essere superiore a certe cose. In segreto lo aveva odiato per questo.
- Qualche problema, allievo? – La voce della capitana lo riscosse.
- Nulla, signora – rispose. – Dicevo… Abitavamo lungo la tratta commerciale dei teleaerostati che collegano le due maggiori megalopoli del nostro paese. Ogni due ore passavano treni-dirigibile. Al transitare dei convogli, il vento caldo aumentava di potenza, e la massa d’aria spostata dai carrelli magnetici investiva le barriere delle abitazioni facendole vibrare.
- E come mai avete deciso di intraprendere la via del mare?
- Quando i miei genitori divorziarono avevo dodici anni. Fui affidato ai nonni materni. – Rimase di nuovo in silenzio, contenendo l’amaro ricordo. – Mi portarono in una cittadina costiera lungo la Cintura Libera. Lì, oltre a crescere assieme ad altri ragazzi figli di marinai, il nonno, vecchio ufficiale a riposo, mi ha allevato trasmettendomi l’amore per il mare.
Un sorriso tese le guance della donna.
- Capisco – disse. – Bene, in questo viaggio il nostro incarico è di trasportare un cilindro a vento sino a Torre d’Orlando, vicino a Gaeta – spiegò. – È stato sistemato su una chiatta al traino, al centro del convoglio. I rotori, invece, sono stati smontati e caricati su un brigantino. Sapete a cosa servono questi cilindri?
- Certo. Per instradare il vento nelle turbine a vapore. Di solito vengono posizionati sulla dorsale appenninica, così le vaste regioni degli Eco possono usufruire di energia pulita per macchine agricole e industrie agrarie.
- Vedo che siete bene informato – disse la Scuttari. – Questo mi fa piacere. Tecnologia con giudizio, come si suole dire. – Avvicinò la testa allo schermo e scorse alcune righe. – Vi siete diplomato a pieni voti alla Scuola Nautica di Trieste e parlate l’idioma dei Marconiani. – Si schiarì la voce prima di continuare. – Abbiamo un ospite a bordo, un Marconiano. Voi dividerete con lui la prima cabina di dritta. Oltre alle normali occupazioni, terrete attività di collegamento con il passeggero. In pratica, mi informerete di qualsiasi problema o richiesta. – Passò in rassegna alcune schermate del video. – La paga standard vi sarà accreditata presso la Cassa di Mutuo Soccorso della Gente di Mare. Ora vi darò il distintivo della goletta, maglie, calzoni, coltello e tutto il necessario. Tra poco agganceremo da terra i cavi per caricare il motore elettrico di manovra. Siamo quasi pronti a lasciare il bacino. Vorrei che seguiste voi l’operazione. Qualche domanda?
Avrebbe voluto rinunciare all’incarico. Provava una sorta di tensione interna, un irrazionale opposizione, ma sapeva bene che ciò significava mettersi immediatamente in cattiva luce. Doveva inghiottire quella boccata di acqua e sale.
- Nessuna, signora – rispose.
- Allora, buon vento allievo.
Cesare si congedò battendo il pugno sulla spalla sinistra. – Buon vento, capitano.
- Ah, un’altra cosa – aggiunse la Scuttari. – Anche se il Quarnaro è l’ammiraglia della flotta, sorvoliamo spesso sulle formalità. Lasciate perdere i saluti convenzionali. Questo per ricordarvi che siamo una Famiglia. Tra un anno ci sarà il convegno dei Clan all’isola della Maddalena. Per quel tempo, spero sarete dei nostri.
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