Il presidente del Milan aveva preso la parola dalla sua tribuna d’onore. La sua voce fu diffusa per tutto lo stadio. Con un sorriso, una buona parola e una battuta, il Cavaliere sdrammatizzò la sconfitta e lodò la buona volontà degli avversari, invitando i propri tifosi a calmarsi. Poi disse di voler “scendere di nuovo in campo” – rise – per fare i suoi personali complimenti alla squadra interista.Alessio si avvicinò a Franco, e per la prima volta diede degli ordini diretti: – Controllore, dì ai giocatori interisti di dare la mano a Berlusconi. Raccomanda loro di sorridere, devono essere grati per un tale onore. Regista, mi raccomando, inquadrami bene i loro volti. Fa’ in modo che il campo irradi felicità.
I due annuirono un po’ increduli, ma poi eseguirono gli ordini.
Sul maxi-schermo, Massimo vide che in campo giocatori e politici si scambiavano interi repertori di blandizie preconfezionate. Massimo non seppe come reagire: – Era tutto previsto, fin dall’inizio? Anche questo faceva parte dell’accordo?
Alessio gli sorrise, così come si sorride a un bambino deliziosamente ingenuo.
– Vieni, Massi. Andiamo nel mio ufficio. Dobbiamo parlare del futuro.
Alessio uscì dalla stanza, ma Massimo lo seguì solo dopo qualche attimo.
Non riusciva a staccare gli occhi dal maxi-schermo. Ormai tutti stavano applaudendo quell’ultima messinscena, senza distinzioni di bandiera.
L’altruismo dell’eroe.
Alessio si sedette alla propria scrivania, facendo scricchiolare la pesante sedia a ruote.
– Siediti. – disse sorridendo. Massimo preferì rimanere in piedi, passeggiando su e giù per l’ufficio come in stato d’allerta.
– Te la sei cavata in maniera egregia, devo proprio ammetterlo.
Massimo ebbe un moto di fastidio: Alessio stava girando intorno al nucleo della questione. Ha proprio la faccia come il culo, pensò.
– Sarebbe andata anche meglio se tu mi avessi aiutato.
– Oh, non lo so, non ne sono sicuro. Forse. Però durante il nostro prossimo incarico non potrai più contare sempre sul mio aiuto per toglierti le castagne dal fuoco. Avrò bisogno di un Pianificatore professionista, e non di uno chiama la mamma al minimo problema. – Alessio affondò sullo schienale della sedia, e sorrise.
– Insomma, Ale, di che cosa stai parlando?
Prima di parlare, Alessio si esibì in una pausa d’effetto. Era l’atteggiamento di un Pianificatore abituato a trasferire il suo metodo di lavoro anche nella vita reale.
– Sono stato scelto come Pianificatore per le prossime olimpiadi inglesi. Ho già accettato. Ma mi hanno permesso di scegliere personalmente il mio assistente. E io ho scelto te.
Massimo rimase spiazzato.
– Come sarebbe a dire le Olimpiadi? Le Olimpiadi non sono pianificabili, è illegale! – protestò Massimo.
– Da domani non lo saranno più. Il Comitato Olimpico ha già deciso di aprire agli sponsor, e gli sponsor hanno imposto la pianificazione dell’evento.
– Già, gli sponsor… l’ho appena visto il tuo sponsor – ringhiò a denti stretti Massimo, ma l’altro non rispose nemmeno. – Ale, queste sono le Olimpiadi! Sono l’unico straccio di sport vero che ancora ci è rimasto, non possiamo metterci a pianificare anche quelle. Il calcio è solo un grande evento pubblicitario pensato per far divertire la gente e far guadagnare soldi agli sponsor, ma… le Olimpiadi sono qualcosa di più di semplice intrattenimento, non sono come il calcio o il wrestling del cazzo!
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