– Eh no, caro mio. Io la mia parte di lavoro l’ho fatta. – Alessio si appoggiò al muro a braccia conserte in un angolo della stanza. – Sono qui solo in qualità di osservatore, e non di Pianificatore. Ora tocca a te.Massimo aprì la bocca per protestare, ma Alessio lo zittì immediatamente: – Tic tac tic tac. Ottantotto minuti e ventisette secondi. – A quel punto Massimo si sentì seppellito vivo dal terrore, e si decise a mettersi al lavoro. Ma Alessio lo incalzò un’ultima volta: – E mi raccomando, cerca di fare un buon lavoro, so che puoi farcela. Non prendere la scorciatoia del Deus-ex-Machina e far assegnare due rigori all’Inter: è qui che si vede la differenza tra un Pianificatore capace e uno mediocre. Cerca di essere creativo. Ora forza, al lavoro!
Massimo non ebbe più i nervi di farselo ripetere due volte. I suoi due aiutanti lo fissavano, in attesa di ordini.
Si mise subito al lavoro.
– Franco, avvisa tutti in campo: l’Inter deve vincere. Che attendano ordini. – Il Controllore annuì ed eseguì in un attimo il compito. Gli attori in campo erano dei professionisti, eppure dal maxi-schermo Massimo notò che da qualcuno di loro trapelò comunque qualche sguardo sorpreso. Ma solo degli occhi preparati se ne sarebbero accorti.
Ora doveva creare un copione efficace, un racconto credibile e piacevole. C’era poco tempo, perciò come prima cosa applicò uno stratagemma da manuale: – Okay, ora siamo nell’area dell’Inter. Franco, dì a Materazzi di atterrare Inzaghi appena fuori area, ma mi raccomando che sia fuori dall’area. Dì all’arbitro di fischiare la punizione, e dì a Inzaghi di protestare per un rigore. Fa in modo che ci siano almeno trenta secondi di baraonda.
Il Controllore annuì, poi Massimo continuò: – Andrea, cerca di non inquadrarli da troppo vicino, non voglio che si legga il labiale. Non hanno un copione pronto, e non voglio che si noti che i ragazzi stanno improvvisando.
– Bene – rispose il Regista.
Dopo pochi secondi i suoi ordini furono palesi anche in campo. Materazzi atterrò l’attaccante, e intorno all’arbitro si formò un capannello di finti riottosi. Questo mi farà guadagnare un po’ di tempo, pensò Massimo.
– La punizione non ci interessa. Dì al battitore di tirare sulla barriera. Ora stai bene attento: dì a Rodrigo di scendere in contropiede verso la porta del Milan. Dovrà dribblare tutta la difesa e poi segnare. Avverti tutti. Andrea, preparati a seguirlo, questo sarà il primo dei due gol.
Entrambi annuirono. In campo i giocatori applicarono alla svelta gli ordini ricevuti. L’attaccante brasiliano dell’Inter galoppò con il pallone ai piedi verso la porta avversaria, superando come birilli i pochi difensori rimasti. Una volta arrivato sotto porta era da solo contro il portiere, ma Rodrigo decise di improvvisare: invece di tirare passò la palla a un compagno che segnò a porta sguarnita.
Il primo gol. Massimo sorrise: l’altruismo dell’eroe faceva sempre presa sul pubblico, era un tema universale. Anche Rodrigo lo sapeva, era un modo di conquistare il pubblico italiano, stanco di brasiliani istrionici e arroganti.
– Le Talpe mi dicono che il pubblico ha apprezzato, capo.
– Bene. Ora dì all’arbitro di non bloccare l’esultanza dei nerazzurri. Ci farà guadagnare tempo.
Intanto il novantesimo era scoccato già da un minuto, e le due squadre erano in pareggio. C’era poco tempo, ma Massimo scartò la possibilità di far assegnare un rigore all’Inter: non poteva usare tali mezzucci da dilettante proprio di fronte a Alessio, non l’avrebbe fatto nemmeno in caso d’emergenza; a nessuna tifoseria avrebbe fatto piacere perdere o vincere grazie a un rigore. Doveva pensare a qualcos’altro, qualcosa di sensazionale e originalissimo, degno di una finale di campionato. E che allo stesso tempo non lasciasse l’amaro in bocca alla tifoseria della squadra perdente, restituendo una sensazione di “pilotato”. Il tutto doveva funzionare come una coreografia perfetta.
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