Non sembrava che i due gli stessero prestando particolare attenzione, anche se quando suonò di nuovo il citofono alzarono di scatto la testa. - Mia moglie, credo -, fece il professore. - O aspettate qualcun altro?. -- No, no... prego, prego... Dopo potremmo visionare il resto della ricerca?. -- Ma certo! -, esclamò baldanzoso il professore. - È tutto sulla scrivania nel mio studio, solo un attimo che arrivo.... -“Con un po’ di fortuna, l’Istituto ha qualcosa di grosso in ballo e ha bisogno del mio aiuto”, pensò Settembrini tra sé mentre andava verso il citofono. “Tempo un mese e magari ci trasferiremo e avrò anche un bell’aumento di stipendio, oltre che i fondi...”.Fu sbattuto a terra con forza e colpito alla testa da qualche oggetto molto pesante. Prima di perdere i sensi, Settembrini pensò dovesse trattarsi del portaombrelli di ceramica... “Chi la sente Giulia adesso?”, e svenne.

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Il sistema di videoconferenza della stanza privata che gli avevano assegnato all’ospedale Cardarelli non era tale da consentirgli di seguire la seduta straordinaria del Consiglio dei ministri del Sud, come il sottosegretario Prosperi aveva invece sperato. Tuttavia il ministro degli interni Scognamiglio aveva avuto la bontà di fargli una breve sintesi... una bontà che, Prosperi ne era certo, nascondeva sotto qualche interesse.- Quelli dei servizi non hanno avuto molto lavoro, le assicuro -, stava dicendo il ministro. - La rivendicazione è arrivata immediatamente ed era inconfondibile. Ma credo che nel momento stesso in cui la bomba sia esplosa anche lei abbia capito che dietro c’erano i terroristi di Sicilia Libera....

- Dove altro hanno colpito? -, chiese Prosperi, che conosceva le strategie terroristiche degli autonomisti siciliani abbastanza bene da sapere che, quando c’era una bomba, questa non veniva mai sola.

- Palazzo Fuga e il Maschio Angioino, quest’ultimo a puro scopo dimostrativo a quanto sembra... -, fu la risposta. - Poteva andare peggio... cinque morti, venti e qualcosa feriti. Il significato è indubbio, ad ogni modo.

Il sottosegretario annuì. Dopo tutto, l’uomo di Roma aveva avuto ragione: i risultati più che positivi conseguiti dal Partito del Popolo Siciliano alle elezioni dei Dipartimenti meridionali avevano rotto l’equilibrio di poteri e gli autonomisti dell’isola ne avevano approfittato per farsi risentire con forza. Il loro obiettivo era, evidentemente, sempre lo stesso: trasferire la capitale del Sud da Napoli a Palermo. E non avevano tutti i torti... con il boicottaggio commerciale che l’Unione Europea aveva applicato all’Italia, seguito da quello analogo delle Nazioni Islamiche, il flusso di traffici facenti capo a Napoli si era prosciugato e la sua importanza strategica tramontata. Tutto per la Libia. Se il governo italiano non si fosse gettato dieci anni fa in quell’impresa pseudo-fascista di controllarla politicamente per assicurarsi l’esclusiva sull’estrazione petrolifera, l’Italia sarebbe stata ancora parte dell’Europa, avrebbe avuto accesso alle quote energetiche del reattore di fusione nucleare sperimentale e non sarebbe rimasta strangolata dal boicottaggio internazionale. Eppure, nonostante tutto, il governo centrale continuava a difendere la scelta e aveva pur sempre le sue ragioni considerando come il resto del mondo stesse andando a scatafascio per l’esaurirsi delle riserve di petrolio. In Italia, perlomeno, non si era ancora assistito alle scene inquietanti di New York invasa dalle biciclette o delle luci che alle ventuno in punto si spegnevano in tutta Tokyo. Comunque, Palermo e la Sicilia da dieci anni a quella parte avevano raggiunto la centralità strategica in quanto primo attracco delle petroliere provenienti dalla Libia; l’Eni aveva fatto della Sicilia il nodo strategico della raffinazione e della logistica e Napoli ormai non era altro che una vecchia vetrina che non si rinnovava all’emanciparsi delle mode.

- Gian Francesco... -, borbottò il ministro fissandolo dal piccolo schermo che l’infermiera gli aveva posizionato all’estremità del letto. Prosperi sapeva che quando il ministro gli dava del tu stava per chiedergli qualcosa. Perlomeno, si consolò, non gli avrebbe affidato nessuna missione esplorativa perché era improbabile che potesse andare a spasso appena dopo aver quasi perso la vita in un attentato. - C’è un altro problema che mi assilla. È una questione riservata.

Questo significava che nella questione c’entrava l’Aisi, l’intelligence interna. Non era una novità; Prosperi aveva sempre avuto molto a che fare con quelle questioni, pur limitandosi a un puro ambito di controllo politico dell’attività dei servizi. Eppure...