Si può sempre sbagliare la formula chimica dell'acqua. Si può sempre incespicare nel dire l'esatta data della Rivoluzione Francese. Quello però che un vero appassionato di fantascienza deve sapere è chi è Katsuhiro Otomo.
Nel lontano 1988, prima ancora che Hayao Miyazaki fosse sulla bocca di ogni cinefilo, firma il primo lungometraggio animato giapponese ad arrivare nelle sale occidentali: Akira. Con questo film non solo diventa il primo regista di cartoni animati giapponesi famoso in tutto il mondo, ma diventa anche uno dei più grandi cantori di quella fantascienza che non alza mai il naso all'insù per vedere le stelle, ma tiene la testa bassa ad immaginare quanto le storture dell'uomo e del progresso annegheranno il futuro e le speranze ad esso collegate: il cyber punk.
Dopo la (scarsa) distribuzione al cinema del suo ultimo film Steam Boy, giunge da poco notizia dell'arrivo in DVD della sua ultima serie, Freedom.
Questi OAV (Original Animation Video, ovvero quei cartoni animati realizzati solo per il mercato dell'Home Video) narrano la storia di un gruppo di ragazzi i quali vivono sulla Luna del ventitreesimo secolo. Dopo una sciagura atomica che ha distrutto la Terra, i sopravvissuti sono scappati sul satellite terrestre e lì vivono sotto una cupola chiamata Eden. A tutti gli abitanti è fatto divieto di sviluppare nuove tecnologie e di tornare sulla Terra. Takeru, il protagonista della storia, scopre che invece sul pianeta ci sono dei sopravvissuti e da qui parte la loro avventura...
Nel cast tecnico si annoverano nomi come quello di Dai Sato alla sceneggiatura (Cowboy Bebop) e di Katsuiro Chiba (Stellvia), alle musiche Hikaru Utada (Rebuild of Evangelion 1.0) e al character come al mecha design lo stesso Otomo.
Non è un caso che ci sia tanta trepidazione ogni volta che Otomo prende in mano le redini di un nuovo lavoro: giudicarlo semplicemente un autore di cartoni animati è riduttivo. Akira rappresenta un punto fermo della fantascienza tutta, anche per chi storce il naso di fronte all'animazione dagli occhi a mandorla. Tralasciando il comparto tecnico del film che per l'epoca faceva rabbrividere anche la Disney tanto era monumentale (si parla di circa 2200 tavole realizzate), Akira è tranquillamente accostabile ad opere come Blade Runner proprio per la capacità di creare immaginario, per il motivo che se si pensa alla parola cyber punk si pensa alle sfrenate corse in moto di Kaneda e alla pioggia senza fine di Los Angeles. Capofila di autori che hanno contribuito a definire e ad arrcchire il genere, come Hiroki Endo e Masamune Shirou, da lui il pubblico di tutto il mondo si attende dunque non necessariamente una pietra miliare, ma almeno un'opera che sappia scuotere o arricchire la fantascienza tutta. Nell'attesa, bè, magari potremo contare le pecore. Elettriche ovviamente.
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