Come ha scritto Francesco Lato nel n. 51 di Robot, Di Filippo muove da una sensibilità “autenticamente postmoderna. L’avventura pura, la trasformazione tecnologica o sociale, l’evoluzione genetica e psichica dell’essere umano, non sono mai direttamente impiegate per raccontare, ma sempre filtrate da una rielaborazione del corpus di idee che la fantascienza ha prodotto nel suo complesso, a volte indulgendo, ma mai limitandosi, alla parodia, in una sorta di operazione metaletteraria che però non prescinde mai dalla costruzione di un solido plot”. Di questa dimensione postmoderna fanno inevitabilmente parte, in realtà, molti degli autori della science fictiondegli ultimi decenni; nell’uso di materiali culturali, si può pensare a Dan Simmons fra i grandi best-seller; fra gli scrittori inclusi in questa collana, la sensibilità di Charles Stross sembra quella più simile, ma non dimenticheremmo Kage Baker e Connie Willis.
Di questo atteggiamento, oltre allo humor onnipresente, sono testimonianza tutte le sue antologie, anche quelle tematiche. Fra queste menzioneremmo Strange Trades (2001), raccolta di racconti accomunati dal tema del lavoro (che comprende anche Skintwister), forse la sua opera più esplicitamente politica ed eversiva, in cui le storie sono spesso anche dirette imitazioni e omaggi ad autori come Dick, Ballard, Delany. Di omaggi a colleghi passati è interamente composta Lost Pages (1998), raccolta di biografie alternative di autori fantascientifici e non, forse il tour de force più ambizioso.
L’opera più popolare rimane The Steampunk Trilogy (1995), il primissimo volume di Di Filippo, che unisce tre novelle ambientate nell’Ottocento: un’Inghilterra e una Regina Vittoria con cloni e chimere artificiali, due storie di ambientazione americana in cui lo scienziato Louis Agassiz anti-darwinista e razzista, viene costretto ad affrontare alieni e le concrete diversità umane, e in cui una straordinaria storia d’amore conduce i poeti Walt Whitman ed Emily Dickinson in un viaggio nel tempo, fino ai loro successori Beat. Insieme al gioco intellettuale, i momenti sia seri che satirici sono anche riflessioni sulla storia, sul passato: un ottimo modo, per quanto in apparenza paradossale, di usare la fantascienza.
Di Filippo è anche co-autore con Michael Bishop di due gialli, pubblicati sotto lo pseudonimo di Philip Lawson e di romanzi “realistici” oltre che di SF, in una scrittura che tocca direttamente, con il solito umorismo, i temi sessuali e, con grande amore, il mondo della musica, e ha anche scritto sceneggiature fumettistiche. E non stupisce che da anni le sue rubriche di recensioni appaiano in siti e riviste.
Fra le antologie, dichiaratamente variegata è The Emperor of Gondwanaland (2005, L'imperatore di Gondwana, Urania), tradotta recentemente in italiano da Vittorio Curtoni, in cui troviamo alcune delle vette della sua vena postmoderna: da una riscrittura del Benito Cereno di Melville con massacri alieni (Anselmo Merino, 1986), a Cotton Mather, il teologo puritano, protagonista di un incontro con Solomon Kane, l’eroe di Robert E. Howard, e con altre figure storiche e letterarie americane (Observable Things, 2004), ad altre versioni di fiabe e racconti tradizionali o di icone trash come O.J. Simpson, fino a un’eccezionale storia che unisce Lovecraft e il poeta Robert Frost nell’incessante lotta per la sopravvivenza nel mondo della scrittura pulp (A Monument of Afterthought Unveiled, 2003). In comune, c’è una dignità profonda che solo gli artigiani della penna possono avere, al di là del successo e del prestigio; e allora la storia dello scalcinato scrittore SF di Science Fiction (2003), dedicata alle analoghe figure descritte da Dick e da Barry N. Malzberg, diventa il vero manifesto di Paul Di Filippo: un omaggio a tutti gli autori che, più che i (sempre pochi) soldi concessi dal mestiere di scrivere, riempiono le pagine delle riviste SF grazie a un’intima fede nelle capacità creative dell’immaginazione.
Fra le ultimissime raccolte, Babylon Sisters and Other Posthumans (2002) è quella che cerca di fare i conti con le metafore della fantascienza più recente, ma le date dei racconti dimostrano che spesso, oltre che un parodista, Di Filippo è stato un anticipatore.
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