Ubiq era l’invisibile forza presentata in una delle opere più famose e celebrate di Philip K. Dick, in lotta per contrastare l’azione disgregatrice di un’entità simile ma dalle marcate valenze luciferine. Ubiq è in grado di arrivare dappertutto, invadendo il mondo – simulato – dei protagonisti sotto le sembianze più disparate: bomboletta spray, dentifricio, cerotto o caffè solubile. Altrettanto ubiqua potrebbe risultare la rete nel Giappone. Varato nel 2004 a opera del governo di Junichiro Koizumi e sostenuto soprattutto dall’ex-monopolista NTT (Nippon Telegraph and Telephone), il progetto è affidato a una organizzazione creata ad hoc, la Ubiquitous Society, e prevede l’investimento dell’equivalente di 31 miliardi di euro nel quinquennio 2006-2010 per le next generation network. L’obiettivo è la creazione di una rete (la cui infrastruttura dovrebbe essere pronta già nel 2010) che consenta ai 128 milioni di cittadini del Sol Levante di collegarsi, a un costo accessibile a tutti, in banda larga (alla velocità di 100 Mbps) ovunque essi si trovino, in superficie o in galleria, passando dalle reti mobili alla rete fissa e viceversa.
Il progetto è stato denominato u-Japan ed è accompagnato dallo slogan: Anytime, Anywhere, by Anithing and Anyone. E rappresenta una sfida epocale per un paese che fino a vent’anni fa incarnava la quintessenza del progresso (e quindi del futuro) agli occhi dell’Occidente, e che negli anni Novanta, complice una crisi economica senza precedenti dal Dopoguerra, ha visto la sua immagine sempre più appannata, fino a essere addirittura eclissata dai possenti vicini asiatici venuti alla ribalta negli ultimi anni. Prevedendo l’innalzamento fisiologico dell’età media della popolazione, la nuova rete ubiqua e pervasiva dovrà coniugare l’accessibilità per gli anziani con lo stimolo per le generazioni più giovani, e per farlo i suoi promotori stanno già pensando di rivoluzionare le più consuete attività quotidiane: cambieranno il lavoro, la cura della salute, l’aggiornamento professionale, i trasporti, la sicurezza e la tutela dell’ambiente. Mentre gli incentivi statali coprirebbero le prime fasi di questo sviluppo, la redditività futura sarebbe garantita da un aumento della produttività dell’intero sistema. Le ricadute dovrebbero portare, secondo indiscrezioni governative, a un incremento del PIL di 734 miliardi di euro nel 2010 rispetto al 2006, inducendo una crescita dell’economia del 28% in 5 anni. La stima più realistica del Nomura rivede questa crescita al ribasso di un fattore 10, ma riconosce l’importanza per il Giappone di recuperare rispetto ai diretti concorrenti internazionali nel settore strategico dell’ICT (Information and Communication Technology): la crescita più che tripla degli investimenti americani tra il 1990 e il 2005 ha prodotto un aumento della produttività del lavoro nel periodo 2000-2005 di ben il doppio rispetto a quello nipponico.
Il rilancio dell’economia punta sugli operatori di telecomunicazioni, che dovranno raggiungere con la fibra ottica veloce o superveloce 47 milioni di abitazioni entro il 2010. Un traguardo a portata di mano, a fronte di una copertura attuale del 90% del territorio, e anche se è evidente un rallentamento rispetto alle attese di NTT alcuni analisti giustificano la situazione con la prudenza degli utenti, che preferirebbero aspettare i nuovi, imminenti servizi annunciati per le reti metropolitane di Tokyo e Osaka. Il Tokyo Ubiquitous Network Project, per esempio, prevede di installare nel distretto di Ginza 10.000 tag RFID da cui chiunque potrebbe ricevere informazioni attraverso la rete WLAN. Ken Sakamura, il professore dell’Università di Tokyo a cui è stato affidato il progetto attualmente in corso di sperimentazione, prevede in questo modo di fornire – attraverso appositi terminali – dati sugli esercizi della zona, i collegamenti pubblici e i percorsi utili per i disabili, in quattro diverse lingue (Giapponese, Cinese, Coreano e Inglese). I ritorni sarebbero consistenti per gli operatori e i fornitori di contenuti e tecnologie, una volta ultimate le reti, ma più incerta si prospetterebbe la situazione (e l’interesse) per le compagnie coinvolte nel processo di realizzazione dell’infrastruttura: su questo fronte, a rendere “interessante” il nuovo panorama integrato promesso ai cittadini dell’Impero ci penserebbe il governo, attraverso un opportuno meccanismo di sussidi statali.
In Europa, la situazione di paesi pure importanti come l’Italia e la Francia è desolante: mentre il Giappone fornirà la fibra ottica a ogni cittadino, qui da noi saranno solo un milione di abitazioni ad avvantaggiarsene. Gli unici paesi del Vecchio Continente a seguire l’esempio del Giappone sono attualmente i Paesi Bassi e la Danimarca, che in tempi confrontabili dovrebbero riuscire a portare a segno il medesimo obiettivo, agevolati dal minor numero di abitazioni da raggiungere (rispettivamente 8 e 2 milioni). Pur con tutte le prudenze del caso, se ammettiamo il ruolo di garanzia giocato dagli organi istituzionali non c’è che da provare invidia per i cittadini giapponesi, olandesi e danesi. Con ogni probabilità saranno loro i primi a potere assaggiare il futuro, non appena l’abbraccio elettronico della Rete Ubiqua si sarà dispiegato attorno alle loro case e sulle loro strade. In qualsiasi momento della giornata. Ovunque essi si trovino.
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