Quegli occhi grandi, sgranati, nei quali aveva colto sbocciare stille di disperazione, persistevano vividi, aggrappati al ricordo, brulicanti di domande senza risposta.
Il ragazzo, accalcato tra decine di altri compagni, si era sporto a fatica dal parapetto del battello, le dita ossute e bianche strette alla barra di metallo. La pioggia cadeva di sbieco, tagliente. Sul volto, un’unica angosciata parola: “Perché?” Sembrava che il suo immenso dolore si fosse cristallizzato nella desolazione dello sguardo.
Sulla riva, lui era rimasto muto ad osservarlo, incapace di trovare qualsiasi frase potesse accendere un barlume sull’inconoscibile. Sua moglie gli stava accanto, ma era come fosse lontana mille chilometri, ciascuno immerso nella propria amara solitudine.
Lo avevano visto allontanarsi, la figura sempre più minuta, confusa con le altre, portato via verso l’ignoto.
Si erano trattenuti all’approdo per lungo tempo, a scrutare l’esile scia dello scafo incidere le acque plumbee, sinché le tenebre avevano avvolto l’orizzonte.
Ora, a distanza di un giorno, era ritornato nello stesso luogo. Il vento frustava la sommità delle onde, polverizzando la spuma sfrigolante. Nel cielo, nuvole basse e scure soffocavano l’aria come a voler togliere il respiro.
Si strinse nel cappotto, il bavero alzato, le mani strette a pugno ficcate nelle tasche. Non per il freddo, non lo sentiva nemmeno, per impotenza.
Il suo sguardo superò la diga foranea che cingeva il braccio di laguna davanti a lui. Di là dalla banchina, tentava di scorgere tra i flutti d’un verde abissale uno scintillio metallico, un barbaglio di luce riflessa, un’indeterminata sagoma in avvicinamento che potesse in qualche modo capovolgere gli eventi. Non ebbe nemmeno il conforto di un pietoso miraggio.
Passi gommosi, titubanti nella cadenza, si avvicinarono.
La donna si fermò al suo fianco. Un berretto di lana grezza blu scuro calcato sulle orecchie. Ciocche grigie, disordinate, spuntavano sulla fronte.
- Sapevo che ti avrei trovato qui – disse. Infilò la mano nella tasca del cappotto dell’uomo. Le dita si toccarono, fredde.
Lui girò appena la testa, come avesse timore di osservarla. Riteneva ingiusto attingere dal suo volto una scintilla di delicato conforto.
- Saranno già arrivati al centro di raccolta? – chiese lei.
- Sì.
Sconsolata, puntò gli occhi a terra. - Se ne sono andati così presto – sussurrò.
- L’irruenza del desiderio.
L’uomo seguì con gli occhi la linea bianca della riva, l’estremo confine di quel misero mondo. Altre persone si erano raccolte nella piazzetta. A gruppi di due, in piccoli assembramenti, erano avanzate silenziose, scalpicciando, trascinando i piedi pesanti e stanchi, e tutte lanciavano occhiate cariche d’angoscia verso il mare cupo.
- I primi sono stati ammaliati – continuò lui. – Sedotti dalla prospettiva di un diverso orizzonte. Gli altri li hanno seguiti, forse per spirito di emulazione. Non hanno pensato neppure per un attimo che c’è sempre qualcosa da pagare in cambio.
- Dovevamo essere vigili, attenti ad ogni minimo indizio di cambiamento, invece…
L’uomo abbassò stancamente il volto.
- Questa è la colpa da espiare – mormorò. – Solo all’ultimo istante qualcuno si è reso conto del proprio errore. Come nostro figlio. Ma la macchina ingannatrice non si è fermata. Non c’era più tempo per i ripensamenti.
- La scelta, però, non è caduta su nessuno di noi.
Lui alzò le spalle con indifferenza.
- Ci hanno considerati inutili sin dal principio. Nei loro progetti non c’era posto per la vecchia generazione.
La donna gli strinse la mano tanto forte da fargli male.
- Ritorneranno?
- Non lo so, credo di no – disse adagio. La voce si incrinò sull’ultima parola. – Hai preparato tutto come ti ho detto?
- Sì.
- Vedi quella gente? – indicò lui. – Anche loro, come noi, dovranno prendere una decisione.
Lasciò che lo sguardo indugiasse sulla distesa d’acqua.
Ad ovest, una cordonatura di nubi massicce, stoppose, correva veloce verso l’entroterra.
Dapprima udirono un rombo continuo, inframmezzato da schiocchi elettrici, invadere l’atmosfera, poi, mentre alzavano gli occhi al cielo, il suono si espanse sulla città, divenne il battito di un enorme cuore che faceva vibrare il suolo e gli edifici.
- I possessori sono già qui.
Il manto dei cumuli brumosi veniva straziato da lampi azzurri che illuminavano per un attimo i turbini di vapore prima di spegnersi in disordinate scintille.
- Andiamo – sollecitò l’uomo, cingendole le spalle. – Tra poco tutto sarà finito.
Si incamminarono verso casa, sostenendosi l’un l’altro. Sopra di loro, la profonda pulsazione cedette spazio a sibili rabbiosi, acuminati.
Parevano la multipla voce di una falce spietata intenta a mietere il futuro.
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