"Nel mio cinema la regia serve soprattutto a raccontare la storia che si vede arrivare in superficie. Nel profondo, però, c'è qualcosa «di più» di quello che serve per raggiungere in genere il grande pubblico americano. Certo per gli spettatori italiani, in particolare, e per le più sofisticate platee europee in genere tutti questi elementi risulteranno più chiari ed evidenti di quanto possa accadere in America, dove la gente resta interessata soprattutto alla trama di un film e alla sua resa spettacolare."
È questa "scoraggiante" dichiarazione di intenti del regista Doug Liman (The Bourne Identity e Mr.&Mrs.Smith) a colpire lo spettatore, in attesa di un cinema di fantascienza che sia non solo il racconto di storie avveniristiche, ma - soprattutto - una metafora dell'esistenza in generale.
Pensato come produzione squisitamente commerciale e mainstream, Jumper è un film dove qualsiasi elemento filosofico è ridotto al minimo per motivi di opportunità francamente poco chiari, anche considerata la breve durata di questa pellicola (88 minuti…) che lasciava spazio per approfondire i tanti temi appena accennati. A dire il vero Liman non è nemmeno convinto che Jumper ambisca ad essere considerato come un semplice apologo sulla libertà dei giovani rispetto alle costrizioni di una società più matura: "La differenza d'età tra i Paladini e i Jumper deriva dal fatto che questi ultimi vengono scovati e uccisi molto presto. Non ci sono Jumper vecchi, almeno in questo primo capitolo, perché se vivi la loro vita non riesci ad arrivare all'età matura…"
Pellicola dalla vocazione adolescenziale, in cui la trama è semplificata all'osso, il film racconta di un teen ager americano che vediamo affogare nel corso di un fiume ghiacciato. Improvvisamente e inspiegabilmente il ragazzo si trova nella biblioteca della scuola. Lentamente capisce di avere sviluppato un superpotere che gli consente di teletrasortarsi da una parte all'altra del mondo e, chissà, forse anche dell'Universo. Un superpotere che, però, non viene utilizzato a fin di bene, ma per arricchirsi e rapinare di nascosto i caveau delle banche. Otto anni più tardi il ragazzo che ha il volto di Hayden Christensen vive una vita "fantastica" da vero nababbo. Surf alle Figi la mattina, abbronzatura sulla cima della Sfinge il pomeriggio, e la sera a Londra per rimorchiare ragazze da portarsi a letto. Tornando a casa, però, si trova ad avere a che fare con un misterioso quanto letale personaggio interpretato da Samuel L. Jackson con i capelli bianchissimi pronto ad ucciderlo.
Salvatosi per miracolo, incappa in un altro Jumper come lui (Jamie Bell) che gli racconta come nel mondo siano in tante le persone come loro che hanno il dono del teletrasporto. Contro di loro, però, dai tempi del Medioevo ci sono i Paladini pronti a fare di tutto per impedire loro di esercitare un'ubiquità che, secondo questi fanatici religiosi, deve restare un privilegio di Dio.
L'ex Billy Elliott, oggi diventato adulto, Jamie Bell spiega: "Quello di Jumper è un concetto abbastanza nuovo e perfino innovativo per il cinema. È un'idea nuova che può essere portata sullo schermo grazie ad una nuova tecnologia di effetti speciali. Quando abbiamo letto la sceneggiatura il problema più grande era restituire al pubblico l'idea del salto da un punto all'altro del pianeta."
Jumper che può essere considerato un film su supereroi che usano il proprio poteri non per il bene altrui, ma per salvarsi e arricchirsi. In questo contesto passa anche in secondo piano la storia d’amore tra il personaggio di Christensen e la sua fidanzatina dei tempi delle medie, rimasta a casa a fare la barista con tanti sogni irrealizzati nel cassetto. A partire da quello di viaggiare in giro per il mondo. Portatala a Roma in First Class e finiti prima a letto eppoi al Colosseo, i due ragazzi sono attaccati dai Paladini nei sotterranei dell’Anfiteatro Flavio.
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