Il medico che controllava quel robot si trovava da qualche altra parte. Il dottor Niss era un Esterno che Spur non aveva mai incontrato di persona.
– Prosper Gregory Leung – rispose.
– Proprio un bel nome Walden – fece il medi-bot. – Auto-identificazione 27,4 secondi dopo la richiesta.
– È un buon segno?
Il robot canticchiò, ignorando la domanda.
– Gli elettroliti nel tuo sudore si sono calmati – disse infine. – Parlami della simulazione.
– Mi trovavo in mezzo all’incendio, con le fiamme che mi inseguivano. Tutte intorno, dottor Niss. C’era un pukpuk, una delle torce umane, e mi afferrava, senza che potessi sfuggirgli.
– Ti ricordi il mio nome, figliolo. – La placca superiore del medi-bot si illuminò di luce ambrata, in segno di approvazione. – Ed eri morto?
Spur fece cenno di no con la testa. – Ma ero in preda alle fiamme.
– Hai provato sensazionii di paura non correlate all’incendio? Mostri? Tua madre? Tuo padre?
– No.
– Vecchi amori? Amici che non ci sono più? Cuccioli che avevi durante la tua infanzia?
– No. – Gli era rimasta l’immagine sfuggente della smorfia perversa comparsa sul volto di Vic nell’ultimo istante, ma come poteva dire all’Esterno che il fratello di sua moglie aveva tradito lo Stato Trascendente? – Nulla.
Ormai Spur si stava abituando a mentire al dottor Niss, anche se si chiedeva con preoccupazione cosa questo avrebbe comportato per la sua anima.
– Controllato e ricontrollato. È come se sapessi cosa sto facendo, eh?– il medi-bot iniziò a sganciare i lacci che tenevano Spur assicurato al letto. – Direi che la tua anima è in via di guarigione, Cittadino Leung. Ti resteranno delle cicatrici psichiche, ma se ti manterrai alla larga da grossi dilemmi morali e dalle donne, starai benone. – Fece una pausa, poi schioccò le dita. – Per la cronaca, figliolo, era uno scherzo.
– Si, signore. – Spur sforzò un sorriso. – Mi spiace, signore. – Capire quando si trattava di uno scherzo faceva parte della terapia? Il modo di parlare dell’Esterno lasciava Spur in preda a uno stupore affascinato.
– Diamo un’occhiata a quelle ustioni, allora. – Disse il medi-bot.
Spur si distese sullo stomaco e incrociò le braccia sotto al mento. Il dottore gli tirò su la veste e Spur sentì le dita robotiche che pungevano gli innesti dermali che ricoprivano gran parte della sua schiena e dei glutei.
– Dottor Niss?– chiese Spur.
– Parla pure – rispose il medi-bot, – non ti faccio male, vero?
– No, signore – Spur sollevò la testa, provando a gettare uno sguardo dietro le spalle, – ma prude tantissimo.
– Rigenerazione dermica 83% – mormorò. – Se prude significa che il tessuto è vivo, che sta ricrescendo.
– Signore, mi chiedevo: dove si trova esattamente?
– Proprio qui. – Il medi-bot stava cominciando a versare nuove cellule liquide e calde di sinto-derma negli innesti attraverso le sue dita metalliche. – Dove altro dovrei essere?
Spur ridacchiò, sperando che si trattasse di uno scherzo. Si ricordava di un tempo in cui anche lui era solito fare scherzi. – No, voglio dire il suo corpo.
– L’involucro? E perché mai?– il medi-bot fece una pausa. – Non vuoi veramente fare domande sui ciq e la cognisfera, vero? Meno sai sull’Esterno, figliolo, e meglio è per te.
Spur provò una punta di risentimento. Chissà quali storie si raccontavano fra loro gli Esterni riguardo a Walden.
Che i cittadini dello Stato Trascendente fossero dei fanatici retrogradi che nella loro smania di rendere meno complicate le proprie esistenze erano tornati all’età della pietra?
– Non stavo facendo domande riguardo all’Esterno, in realtà. Mi stavo chiedendo di lei. Voglio dire… Lei mi ha salvato la vita, dottore. – Non era proprio quello che Spur si era immaginato di poter dire, per quanto fosse la pura verità. – Se non fosse stato per lei, io… sarei diventato una torcia umana, finendo probabilmente per impazzire. E pensavo… – All’improvviso la sua gola era diventata talmente tesa da rendergli difficile parlare. – Io volevo… insomma, volevo ringraziarla.
– Assolutamente non necessario – disse il medi-bot. – Dopo tutto il Presidente mi paga perché mi prenda cura di tutti voi, siano benedette le sue tasche. – Tirò su la veste ospedaliera di Spur con la pinza meccanica. – Preferisco quel tipo di ringraziamenti che puoi depositare in banca, figliolo. Tutto il resto è aria fritta.
– Sì, ma…
– Sì ma, cosa? – finì di risistemare il camice di Spur. – “Si, ma” sono parole pericolose. Non dimenticare mai che voi gente che vivete quassù siete dei privilegiati, grazie ai quattrini di Jack Winter e alla fortuna dei tuoi genitori.
Era la prima volta che Spur sentiva chiamare il Presidente Jack. – Sono stati i miei nonni a vincere la lotteria, signore – disse. – Ma sì, so di essere fortunato a vivere su Walden.
– E allora perché vuoi sapere quale tipo di creatura ha voluto squagliare la sua mente in una poltiglia di schiuma quantica e miscelarla con un cervello robotico a una distanza di centotrentuno anni luce? Ora siediti.
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