La Terza Guerra Mondiale è per certi versi la guerra tra i ricchi e i poveri. I paesi del ricco mondo occidentale non ci pensano nemmeno a fare di nuovo la guerra tra di loro (come in effetti erano abituati a fare sino a pochi decenni fa); la guerra, tra i paesi occidentali ricchi, si fa coi soldi e non fa vittime visibili (e quelle invisibili sono invisibili). Poi ci sono i paesi poveri, che tra parentesi non sono neanche tutti poveri. L'Iraq, ad esempio è ricchissimo (annega nel petrolio), e se un milione di bambini è morto in Iraq negli ultimi dieci anni per assenza di farmaci non è perché non avessero denaro per comprarseli, ma perché noi (mondo occidentale) ci siamo rifiutati di venderglieli. Noi bravi e buoni occidentali abbiamo quindi appena assassinato un milione di bambini solo perché l'Iraq è un paese ricco che non fa parte del nostro club e ciò ci disturba, ma questo è un altro discorso che non c'entra con la Terza Guerra Mondiale... o invece sì? Il problema dell'esistenza dei paesi poveri non è mai stato un problema per il ricco mondo occidentale, anzi ! Senza i paesi poveri, non esisterebbe nessun mondo occidentale ricco. La ricchezza, in gran parte, è infatti prodotta dalla spietata predazione di risorse, sia umane (basso costo del lavoro) che materiali (petrolio comprato ad un prezzo di molto inferiore a quello dell'acqua minerale - quindi in pratica rubato, ecc.). Il problema nasce quando i paesi che noi vorremmo che fossero poveri non ci stanno a fare i poveri. La comprensione di questo stato delle cose da parte di una parte della popolazione dei paesi occidentali è alla base del fenomeno noto come movimento antiglobal. Il movimento antiglobalizzazione è assurto agli onori della cronaca in Italia soprattutto con i disordini verificatisi a Genova nel luglio 2001 in occasione dell'incontro dei G8. Disordini di tale portata da spingere i G8 alla decisione di non effettuare più in futuro le loro riunioni in grandi città, bensì in piccole inaccessibili località superprotette. Decisione peraltro alquanto ottusa, poiché non è rimovendo il sintomo che si abolisce la causa del problema. Con tutta probabilità, infatti, la principale conseguenza di tale decisione sarà la moltiplicazione dei disordini durante le prossime riunioni dei G8 con la loro diffusione in tutte le città. Non potendo protestare in una singola città, gli antiglobal finiranno quindi per protestare in molte città, ed il fenomeno complessivamente lieviterà anziché ridursi. Nel tempo, i meeting dei G8 potranno addirittura diventare un appuntamento fisso per veri e propri movimenti insurrezionali su tutti i territori nazionali dei paesi industrializzati.
Vediamo però di entrare nel vero e proprio merito del movimento antiglobalizzazione. E subito ci troviamo in un ambito di interessanti contraddizioni e paradossi.
Il primo dei paradossi è che il movimento antiglobalizzazione è esso stesso un prodotto della globalizzazione. In occasione di ogni G8 gli antiglobal confluiscono nella città del meeting provenienti da ogni luogo del mondo (soprattutto del mondo ricco). Il movimento antiglobalizzazione cresce e si organizza anche mediante Internet. E cosa più di Internet può mai essere motore ed emblema del fenomeno della globalizzazione? Il movimento antiglobalizzazione è quindi intrinsecamente una parte del più ampio fenomeno della globalizzazione.
Nel periodo dei disordini di Genova io mi trovavo in Romania. Dato che ho vissuto buona parte della mia vita a Genova, mi è sembrato di rimetterci a non trovarmi a Genova l'unica volta nella mia vita in cui a Genova è successo qualcosa, ma questo è un altro discorso (tra l'altro ho abitato per 20 anni proprio in faccia alla ormai nota scuola Diaz, ma questo è ancor meno interessante per il lettore - mentre lo è parecchio per me). Menzionavo la Romania poiché in un telegiornale della televisione rumena, in cui si riportavano i disordini di Genova, il commentatore osservava quanto fosse curioso il fatto che a protestare contro la globalizzazione fossero dei cittadini di paesi che dal fenomeno della globalizzazione traggono tutti i vantaggi. Eh, già. Un fatto curioso. Antiglobal generici, feroci black bloc ed ecologisti sinceri sono confluiti a Genova su automobili inquinanti pieni di benzina rubata ai paesi arabi, o con treni o aerei composti di materie prime comunque sottratte ai paesi poveri, vestiti di abiti prodotti da multinazionali che sfruttano il lavoro a basso costo (e spesso anche minorile) dei paesi poveri, spendendo soldi guadagnati foraggiando il sistema in un modo o nell'altro (non esiste modo di guadagnare denaro senza foraggiare il sistema di cui si fa parte). Una contraddizione assai interessante. Resa vieppiù sconcertante dall'inadeguatezza del bersaglio. Cosa c'entrano infatti i capi di stato delle otto nazioni più industrializzate del mondo con i problemi del mondo?
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