La Rowling mostra invece di assimilare i due aspetti di monopolio letterario e monopolio legale, e questa concezione è ben riassunta nella seguente dichiarazione dell’autrice: "Mi assicurerò che nessun estraneo scriva mai un libro di Harry Potter. Harry Potter è mio, sono l'unica che lo capisce". Una tale pretesa è infatti pienamente giustificata dal punto di vista del diritto d’autore, ma si intravede, nella seconda frase, un attaccamento possessivo che va ben oltre quello della mera tutela normativa.
Questo atteggiamento potrebbe anche essere un’ennesima conseguenza del fatto che, come precisato in apertura, è difficile abbandonare un luogo che ha saputo regalare tanto, soprattutto a chi l’ha creato. E nello stesso solco paiono muoversi anche le dichiarazioni dell’ultimo periodo in merito alla volontà di scrivere quell’enciclopedia potteriana su cui la Rowling è stata titubante per anni. Addirittura, nel corso dell'ultimo book tour ottobrino la scrittrice ha alluso vagamente alla possibilità di un prequel: una scelta in precedenza sempre esclusa con decisione, anche per il fatto di non voler essere tacciata di voler confezionare un clone di Guerre Stellari, come lei stessa ha più volte avuto modo di sottolineare. La prospettiva viene invece accolta adesso, a saga conclusa, con un filosofico: "Non sto dicendo "mai" perché "mai" nella mai vita agisce come un drappo rosso di fronte a un toro e immediatamente mi viene voglia di fare ciò che ho detto che non avrei mai fatto".
Da brava madre, insomma, J.K. Rowling pare non voler lasciar volare fuori dal nido il suo illustre figliolo di carta…
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