Un noir elegante e minaccioso, interpretato da grandi attori con - su tutti - un sensualissimo Viggo Mortensen.
La promessa dell'assassino, titolo vagamente anni Quaranta per il più 'secco' Eastern Promises originale è un piccolo gioiello di David Cronenberg, breve, veloce, essenziale. Un film quasi minimalista nonostante alcune concessioni splatter, in cui il regista canadese torna a flirtare con il genere noir dopo il successo di A history of violence. Ancora una volta protagonista è uno straordinario Viggo Mortensen nei panni di un ambiguo mafioso russo le cui azioni sono molto difficili da decifrare. Soprattutto per una bella ostetrica di un ospedale di Londra che è entrata in contatto con lui dopo che una giovanissima prostituta russa è morta durante il parto dando alla luce una bambina. Il diario della ragazza, scritto in russo, nasconde vari segreti: violenze, stupri sistematici, giri di droga. Tutto conduce ad un elegante mafioso che copre le sue attività illecite gestendo un ristorante. La vendetta dell'uomo che vuole indietro il libricino e gli eventi che ne seguiranno danno modo a Cronenberg di sviluppare un racconto solenne e denso di pericoli in cui lo spettatore percepisce costantemente la minaccia di una violenza latente, ma tutt'altro che impalpabile. Quello che manca a questo film è - semmai - una trama più solida, perché in questa sceneggiatura scritta da Steven Knight molto è lasciato a quel tipo di coincedenze che al cinema sono credibili, mentre nella vita possono destare più di una perplessità. Peccato, perché ancora una volta il regista canadese dimostra il suo talento non solo nel dirigere gli attori, ma - soprattutto - per la sua straordinaria capacità di esplorare la normalità trasformandola in un territorio pieno di ambigua sensualità, disperazione e pericolo.
Ad un passo dal capolavoro, La promessa dell'assassino è un film interessante e - a tratti - inquietante in cui fatti di cronaca consentono al regista canadese di costruire una sofisticata metafora esistenzialista fortemente intrisa di quella malinconia slava di cui la pellicola è - in un certo senso - celebrazione ed emblema.
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