La mini-serie, prodotta nel 1979 e trasmessa anche dalla nostrana Rai, era godibile per certi versi, con le sue atmosfere rarefatte e la sceneggiatura più vicina alla poetica di 2001: Odissea nello spazio che a Guerre Stellari. Il suo difetto maggiore era che forse fu ideata come un prodotto più per palati fini e troppo “fantascientifici”, piuttosto che per un pubblico medio.

La storia racconta di tre tentativi da parte dell’uomo di esplorare il pianeta.

La prima spedizione fallisce per la morte degli astronauti, uccisi da un marziano geloso. La seconda missione viene soggiogata dal potere mentale dei marziani. Al terzo tentativo, il colonnello Wilder (interpretato da Hudson), gli uomini riescono a sopraffare i marziani solo perché un banale virus, diffuso casualmente dalla spedizione precedente, ha quasi sterminato i marziani. Il pianeta viene così colonizzato dall’uomo che nel frattempo e i pochi marziani superstiti tenteranno di stabilite un contatto pacifico. Dalla mini-serie viene poi tratto un film che - a causa degli inevitabili tagli (da 360 a 90 minuti) - è ancora più deludente.

The Ray Bradbury Theatre viene, invece, trasmessa con successo dalla HBO, dal maggio 1985 al febbraio 1986 e poi dal Network USA, dal gennaio 1988 all'ottobre 1992. In Italia non è mai stata trasmessa, fino all’attuale stagione televisiva che ha visto il canale satellitare Fantasy (sky) accaparrarsi il telefilm. In tutto furono girati 65 episodi, tutti introdotti dallo stesso scrittore americano. Siamo di fronte ad una serie antologica – storie diverse con un cast sempre nuovo – sullo stile di Ai confini della realtà e di Alfred Hitchcock Presents. Bradbury mette la sua firma su alcuni episodi, ma è chiaro che la stessa serie riflette la narrativa fantastica dell’autore di Fahrenheit 451, proponendo così allo spettatore medio americano l’universo misterioso e affascinante di uno dei grandi scrittori di tutto il Novecento americano.