Felix si staccò da IRC un’ora più tardi. Atlanta era bruciata. Manhattan era radioattiva, abbastanza da fottere tutte le webcam che inquadravano Lincoln Plaza. Diedero tutti la colpa all’Islam finché non fu chiaro che anche La Mecca era un braciere e che i reali sauditi erano stati impiccati davanti ai loro palazzi.A Felix tremavano le mani, Van stava piangendo in silenzio in un angolo lontano della sala. Cercò nuovamente di chiamare casa, poi provò a mettersi in contatto con la polizia. Non ebbe miglior fortuna rispetto ai venti tentativi precedenti.Si collegò in ssh al suo computer del piano di sotto e aprì la casella di posta. Spam, spam, spam. Altro spam. Messaggi automatici. Ecco, un messaggio urgente dal sistema di rilevamento intrusioni dell’armadio della Ardent. Qualcuno stava tentando di entrare nei suoi router ripetutamente e in modo grossolano. L’aggressione non corrispondeva a nessuna firma conosciuta di worm. Seguendo il traceroute scoprì che l’attacco partiva da quello stesso edificio, un piano sotto il suo.
C’erano procedure per situazioni del genere. Fece una scansione delle porte del suo aggressore e trovò la porta 1337 aperta. 1337 stava per “leet”, ovvero “elite” nel codice numeri/lettere degli hacker. Il genere di porte che i worm lasciavano aperte per strisciare dentro e fuori dai computer. Cercò su Google exploit conosciuti che si mettessero in ascolto sulla porta 1337, restrinse il campo utilizzando i dettagli del sistema operativo del server compromesso e infine trovò il colpevole.
Era un worm vetusto, uno per il quale tutte le macchine sarebbero dovute essere protette ormai da anni. Non aveva importanza. Ne aveva il client e lo usò per crearsi un account di root nel sistema, ci si loggò e si diede una guardata in giro.
C’era solo un utente attivo, scaredy, e controllando il monitor dei processi vide che aveva lanciato le centinaia di processi che stavano sondando le sue macchine come molte altre.
Aprì una chat.
> Smetti di sondare i miei server.
Si aspettò escandescenze, colpa, negazione. Fu sorpreso.
> Sei nel data center di Front Street?
> Sì.
> Cristo, credevo di essere l’unico sopravvissuto. Sono al quarto piano. Credo che là fuori ci sia un attacco biologico. Non voglio lasciare la sala asettica.
Felix emise un lungo sospiro.
> Mi stavi sondando per farti rintracciare?
> Già
> Brillante
Sveglio, il bastardo.
> Sono al sesto piano. C’è un’altra persona con me.
> Cosa sapete?
Felix copiò il log della chat IRC e aspettò che il tizio lo digerisse. Van stava in piedi e camminava avanti e indietro. I suoi occhi erano velati.
— Van?
— Mi scappa la pipì.
— Non possiamo aprire la porta. Ho visto una bottiglia di Mountain Dew vuota in quel bidone lì.
— Giusto — disse Van. Camminò come uno zombie fino al bidone e tirò fuori la magnum vuota. Si voltò verso il muro.
> Mi chiamo Felix
> Will
Felix pensò a 2.0 e il suo stomaco fece un salto mortale.
— Felix, credo di dover uscire — disse Van. Si sava muovendo verso la porta stagna. Felix lasciò cadere la tastiera, si mise in piedi e corse a testa bassa verso Van, buttandolo a terra prima che raggiungesse l’uscita.
— Van — disse, guardando gli occhi velati e assenti del suo amico. — Guardami, Van.
— Devo uscire — disse Van. — Devo andare a casa a dar da mangiare ai gatti.
— C’è qualcosa là fuori, qualcosa di rapido e letale. Forse il vento lo disperderà. Forse non c’è già più. Ma noi ce ne staremo qui finché non saremo certi di non avere altra scelta. Siediti, Van. Siediti.
— Ho freddo, Felix.
Si gelava. Felix aveva la pelle d’oca sulle braccia, mentre i piedi gli sembravano blocchi di ghiaccio.
— Appoggiati ai server, vicino alle ventole. Prenditi il caldo che buttano fuori. — Trovò un armadio e ci si rannicchiò contro.
> Sei lì?
> Sempre qui — pensavo alla logistica
> Quanto ci vorrà prima di poter uscire?
> Non ne ho idea
Per un po’ di tempo nessuno scrisse niente.
Felix dovette servirsi per due volte della bottiglia di Mountain Dew. Poi fu di nuovo il turno di Van. Felix cercò ancora di chiamare Kelly. Il sito della Metro Police era caduto.
Appoggiò la schiena ai server, scivolò fino a sedersi per terra, cinse le ginocchia tra le braccia e pianse come un bambino.
Dopo un minuto, Van gli si avvicinò e gli si sedette di fianco, mettendogli un braccio attorno alla spalla.
— Sono morti, Van. Kelly e mio f… figlio. La mia famiglia non c’è più.
— Non puoi esserne sicuro — disse Van.
— Sono sicuro quanto basta. Cristo santo, è la fine di tutto, vero?
— Terremo duro ancora per qualche ora e poi usciremo. La situazione dovrebbe tornare presto alla normalità. I pompieri sistemeranno le cose. Mobiliteranno l’esercito. Andrà tutto bene.
A Felix facevano male le costole. Non piangeva da quando era nato 2.0. Strinse con più forza le ginocchia a sé.
Poi la porta si aprì.
I due sistemisti che entrarono sembravano spiritati. Uno aveva una maglietta con scritto “TALK NERDY TO ME”, l’altro indossava una camicia della Electronic Frontiers Canada.
— Muovetevi — disse TALK NERDY. — Ci stiamo radunando all’ultimo piano. Usate le scale.
Felix si accorse solo in un secondo momento che stava trattenendo il fiato.
— Se nell’edificio c’è un agente tossico saremmo infettati ugualmente, prima o poi — disse TALK NERDY. — Venite, ci vediamo là.
— C’è una persona al sesto piano — disse Felix alzandosi in piedi.
— Sì, Will. Lo abbiamo avvisato. È già salito.
TALK NERDY era uno degli Stronzissimi Sistemisti Infernali che avevano riavviato i grossi router infetti. Felix e Van salirono lentamente le scale mentre i loro passi echeggiavano sulla rampa deserta. Dopo l’aria gelida della sala server, le scale sembravano una sauna.
All’ultimo piano c’era un bar con gabinetti funzionanti, acqua, caffè e macchinette distributrici. Davanti a ognuna di quelle cose c’era una coda di sistemisti chiaramente a disagio. Nessuno guardava in faccia nessuno. Felix si chiese chi di loro fosse Will, poi si mise anche lui in coda per le macchinette.
Prima di finire gli spiccioli riuscì a prendere un paio di barrette energetiche e una tazza gigante di caffè. Van si era conquistato un po’ di spazio su un tavolo e Felix vi appoggiò la roba prima di mettersi in coda per il bagno. — Tieni, lasciamene un po’ — disse, lanciando a Van una delle barrette.
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